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Ultimo Aggiornamento: 21/12/2010 01:18
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16/12/2010 15:55
 
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Re: Re: Re: Re:
@mad4thrash@, 16/12/2010 15.54:




rappresenta pure il mio, se è per questo.

cmq non darei del giornalistucolo a saviano per un articolo venuto male, direi piuttosto che è stato troppo politicamente corretto, o semplicemente che non condivide per nulla la rivolta violenta. sarà un idealista, ma io di solito tendo a distinguere la buona dalla cattiva fede.




non lo so dopo i commenti su Israele ne inizia a sbagliare un po' troppe.
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16/12/2010 15:57
 
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Re: Re: Re:
@Chaos@, 16/12/2010 15.47:




No non mi ricordo dove l'ho rpeso mi sono scordato prima di mettere la fonte e ora non saprei dove ritrovarlo, in ogni caso rappresenta il mio pensiero.
La lettura di oggi e' che i manifestanti violenti siano alieni di questo stato, mentre invece a molti giornalisti da due soldi (e questa volta ci metto anche Saviano perche' la sua analisi e' povera e superficiale) non riescono a vedere piu' lontano del loro naso o forse non vogliono.




QUA la fonte è il Collettivo universitario autonomo di Torino (aggiungo solo per puntiglio).
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16/12/2010 17:46
 
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ROMA - Sono tornati in libertà anche gli ultimi 11 manifestanti di quelli arrestati nel corso degli scontri avvenuti martedì nel centro storico di Roma 1. In totale il tribunale ha stabilito la rimessione in libertà di 22 manifestanti disponendo gli arresti domiciliari per il ventitreesimo. Per tutti, gli arresti sono stati convalidati.
In particolare sono tornati in libertà senza alcun obbligo i tre le cui posizioni sono state esaminate dalla X sezione del tribunale penale collegiale: Michele B., Martino R. D.V. e Anna Chiara M., cui è contestata la resistenza a pubblico ufficiale. Per loro il processo si celebrerà il 17 febbraio. Liberi anche gli otto arrestati le cui posizioni sono state esaminate dalla IV sezione del tribunale: Sacha M., Angelo D.M., Nicola C., Gerardo M., Federico S., Andrea D., Alice N., Riccardo L.C. A loro, a seconda delle singole posizioni, sono contestate le lesioni e la resistenza a pubblico ufficiale.
Il processo è fissato al 15 febbraio. La direttissima è durata più a lungo delle altre in quanto è stato visionato il filmato, preso da YouTube e postato da un privato, in cui si vede Riccardo L.C. prima picchiato da forze dell'ordine e poi arrestato.
Complessivamente quindi sono stati convalidati tutti i 23 arrestati, di questi 22 sono tornati in libertà e uno è finito ai domiciliari. In sostanza le scarcerazioni sono state disposte in quanto secondo i giudici "appare necessario approfondire il quadro delle accuse anche alla luce degli elementi emersi nel corso dell'udienza".
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16/12/2010 19:34
 
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questo e' il nostro comunicato

“…mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno

mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e

per coloro che vorranno ascoltare, all’affermazione della verità. E la

verità è che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese.”


Giovani e studenti senza futuro, precari, senza casa, cassaintegrati, immigrati, ricercatori e personale della scuola e delle università, popolazioni devastate dai rifiuti, dalla TAV, dalle basi militari, dalle inutili grandi opere, hanno finalmente preso parola, stanchi dei giochi di palazzo e di un potere che ormai si attorciglia su se stesso incapace di dare risposta a chi è stanco di essere sfruttato, cancellato, emarginato.

Cosa vi aspettavate dai bamboccioni? Era ovvio che prima o poi avrebbero fatto i capricci! Cosa vi aspettavate da coloro ai quali si dice che non avranno mai una pensione e se l’avranno non raggiungerà la soglia di povertà? Cosa vi aspettavate da chi vive senza una casa o con un mutuo che l’obbligherà ad indebitarsi per il resto della sua vita senza neanche sapere come lo pagherà? Cosa vi aspettavate? Una piazza del popolo sorridente e piena di palloncini e fischietti con i quali avete assopito i lavoratori italiani negli scorsi decenni?


Una nuova soggettività dentro la crisi sistemica della globalizzazione economica capace di ricostruire se stessa e ricomporsi sul terreno delle lotte, ha espresso la sua rabbia. Non saranno le inutili chiacchiere di chi si illude di rappresentare questa moltitudine che riusciranno a fermare la sua rabbia. Fino a che siamo rimasti sul tetto, fino a che ci si suicida, fino a che si sta su una gru la nostra volontà di essere ascoltati, di rivendicare il nostro diritto, si tramuta nel vostro pietismo. Giornali, tv e politicanti vari fanno la fila per salire su tetti e farsi intervistare.


Ma a quanto pare è quando si scende dal tetto e si occupano le strade e le piazze, è quando si esce fuori dalla logica della vostra falsa pietà e si rivendica la dignità che allora vi spaventate. Siamo scesi dai tetti, abbiamo ripreso il cammino nelle strade, ed abbiamo urlato più forte. I nostri corpi si sono mossi ed in movimento hanno agitato i vostri giorni tristi, la vostra politica calcolatrice, il vostro pietismo necessario ai vostri fini politici.

Ora è facile per voi trasformarci da precari, disoccupati, senza futuro, in black block, facinorosi, frange estremiste. La vostra miopia è pari alla vostra indifferenza verso le questioni sociali, ed è pari alla vostra astuzia per gli affari di famiglia.


Il passaggio da precario a facinoroso è tutto qui: finchè vi facciamo pietà non vi facciamo paura, è quando vi facciamo paura che non vi facciamo più pietà!


In queste ore stiamo assistendo ad un patetico tentativo di interpretare la giornata di ieri attraverso gli stereotipi e le categorie del passato che è miseramente destinato a fallire.

Ieri si è affacciata nel panorama politico una nuova generazione del dissenso, non un gruppo di provocatori e di violenti.


Que se vayan todos c’era scritto sui nostri striscioni e nei volti dei tanti giovani ribelli che ieri hanno costruito la cartolina da mandare in giro per il mondo di una Roma meticcia, Indipendente e Ribelle.

I movimenti quando si manifestano hanno come sbocco naturale l’autorganizzazione, il processo attraverso il quale possono costruire la propria storia e la propria identità, chiunque stupidamente cerca di “cavalcare” tali esperienze al massimo può svolgere un ruolo di “calmieratore” appositamente ricercato e voluto da chi, per conto dei padroni e del potere, gestisce l’ordine e regola i conflitti.


I movimenti indipendenti frutto delle contraddizioni e delle trasformazioni sociali e di classe debbono e possono trovare le proprie strade, i percorsi, immaginare una nuova fase del conflitto e dell’organizzazione sociale. Alla nuova soggettività in rivolta dovrebbe rimanere la capacità e la curiosità di confrontare le proprie idee, le proprie lotte sui livelli di un nuovo conflitto sociale che può e deve costruire la propria storia travalicando l’esistente e spazzando via le forme più o meno istituzionali della politica, così come le banalizzazioni attraverso gli stereotipi del passato che ad uso e consumo dei media ripropongono vecchi accostamenti con gli anni 70 che furono. La distanza dai partiti, dalle istituzioni, l’indipendenza e l’autonomia, è questo che fa paura e si deve criminalizzare, isolare e neutralizzare. Una nuova generazione precaria si affaccia dopo anni di trasformazioni del tessuto produttivo, dopo gli ultimi due decenni dove ogni istanza sociale e rivendicazione di nuovi diritti ha trovato davanti a sé il muro di gomma del potere, chiudendo ogni termine di mediazione, ogni spazio di avanzamento sociale.


Grida e rivendicazioni per troppi anni inascoltate producono la rabbia che ieri si è espressa. Cosa vi aspettavate? L’Italia è il penultimo paese in Europa per occupazione giovanile ed il 44% dei giovani occupati sono precari. Uno dei pochi paesi dove non vi è nessuna forma di protezione sociale per i disoccupati. Uno di quei paesi con il più alto tasso di mortalità sul lavoro e dove il lavoro nero è prassi di sfruttamento. Un posto in cui se sei disoccupato e ti dai fuoco forse ti fanno un trafiletto sul giornale locale. Un posto in cui la violenza alle donne, spesso in famiglia, è diventata prassi quotidiana. Uno di quei posti dove le carceri esplodono, con i morti sempre più giovani per mano delle forze dell’ordine, con veri e propri lager in cui stipare vite umane solo perché aventi un altro passaporto. Un posto in cui si muore di cancro perché si vive vicini ad una discarica, in cui il territorio è solo un altro luogo di affari e macerie, in cui si abbandonano città storiche all’incuria e alle macerie in attesa di una nuova cricca che dovrà fare i suoi affari per ricostruirla. Un luogo, il più ricco del mondo, in cui il patrimonio culturale va di pari passo al degrado delle periferie. Un luogo in cui per farsi ascoltare bisogna salire su tetti, sulle gru, occupare isole o piloni senza avere poi, come sempre, una soluzione ai problemi posti.


Ieri richieste chiare, necessarie come quella per il diritto alla casa, al reddito garantito, all’accesso alla cultura, alla formazione e alla libera condivisione dei saperi, ad un altro mondo in costruzione si sono espresse ed è per questo e contro questo che il potere politico vuole criminalizzare un mondo intero, un pezzo intero di società.

Queste parole, questi sogni e questi bisogni ieri hanno incendiato le barricate romane. Non i professionisti della violenza, ma quella fetta di società che subisce la vostra idea di comando e di mondo, ieri ha vomitato in massa, riempiendo di significato uno dei giorni più orribili di questo paese, a prescindere da come è andata in Parlamento. Il rigetto è nato nella pancia di questo paese schifosamente distrutto dalla politica di palazzo e dagli affaristi.


LA CRISI NON LA PAGHIAMO, LA CRISI VE LA CREIAMO è questo il nuovo confine, la strada del non ritorno tra chi vorrebbe proporre ulteriori sacrifici a difesa dell’attuale sistema economico proponendo fantomatici governi di transizione e chi si organizza giorno per giorno a difesa dei propri diritti e si ritrova con le nuove soggettività espressione di questa crisi epocale, nella mobilitazione gioiosa cosi come nella rabbia spontanea.


Chi riesce a seguire i mille rivoli attraverso cui si può esprimere questa nuova soggettività diffusa, così come si espressa nella giornata di ieri può contribuire a costruire una nuova stagione di conflitto. Chi si affanna a mettere bandierine o ad elargire commenti idioti sui “teppistelli”, “borgatari”, “ultras”, è destinato, pur sopravvivendo, a scomparire nel naturale flusso della storia.


Ed ora dunque è il tempo, di mettere insieme le forze, di riprendere il cammino…


QUESTE LE NOSTRE PAROLE…

IL TEMPO DELLE CHIACCHIERE E’ FINITO, RIPRENDIAMOCI IL FUTURO!


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16/12/2010 19:59
 
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V for Vendetta [SM=x54487]
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16/12/2010 22:00
 
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Re:
Un' altra risposta a Saviano, molto pacata e precisa.


Caro Roberto,
a scriverti è un ragazzo di ventisei anni, uscito da pochi mesi dall'università. Non ho scritto Gomorra, non scrivo su Repubblica, non ho fatto trasmissioni. Ma non è solo al passato che posso parlare: non scriverò un libro di successo, non scriverò su un grande giornale, non dominerò l'auditel in una trasmissione Rai.
Ti scrivo per la stima che il tuo libro mi ha portato ad avere nei tuoi confronti e per la disillusione che questa tua lettera ha causato in me.
Vorrei essere franco e parlare al di fuori delle parole d'ordine che un movimento (qualsiasi movimento) impone per essere schietto e provare a fare un passo oltre il 14 dicembre, altrimenti si guarda sempre al passato e non è il passato a preoccuparmi adesso.
E' proprio dalle parole d'ordine che vorrei iniziare. Scrivi che le nostre parole sono nuove, che non ci sono più le vecchie direttive: grazie. Non sai quanto possa essere grande questo complimento, proprio da te, che sei diventato una figura di riferimento rompendo un ordine costituito di parole. Le cose che scrivevi in Gomorra c'erano da tempo, andava trovato un modo per dirlo e tu l'hai fatto. Non è poco.
D'altro canto vedo in te il peccato originale da cui ci metti in guardia. Vedo nella tua lettera l'utilizzo di quelle parole d'ordine, di quelle direttive che sono vecchie che sono scollegate dal mondo.
Cos'è questo continuo richiamo agli autonomi del '77 che si legge in molti articoli e anche nel tuo? E' il dogma con cui si finisce per sdoganare ogni protesta. Ma non li vedi i movimenti in Francia, a Londra ad Atene? Non ci pensa mai nessuno che sono molto più vicine a noi quelle cose, piuttosto che le immagini in bianco e nero di quarant'anni fa?
Io non sono nessuno per spiegarti cose che sai meglio di me, però guarda le foto: guarda quanta gente c'è in Piazza del Popolo? quanta gente ha resistito agli scontri? E non sotto l'impulso di una rabbia improvvisa, la gente è in piazza c'è rimasta per due ore, tutto il tempo per fare sbollire un'emozione e, se voleva, andarsene. Succede che i cortei si distacchino da azioni che non condividono, l'altro giorno non è successo.
"Non usate i caschi, siate riconoscibili": belle parole, ma parole d'ordine. Vecchie, stantìe. La gente che in queste settimane è stata denunciata per avere occupato i binari, le strade era riconoscibile. La gente che è venuta a contatto con la polizia perché veniva impedito l'accesso a una zona della città, era riconoscibile. Siamo sempre stati tutti riconoscibili. E siamo stati e saremo denunciati. E siamo stati tutti menati, abbiamo ancora i cerotti. Anche i Book Block, quelli che tu chiami "buoni" hanno i caschi. Caro Roberto, quelli sono manganelli, fanno male. Questo è quello che fa il governo, che fanno le questure. Dici che quando scendiamo in piazza ci troviamo di fronte poliziotti che sono uomini, ebbene perché questo discorso è sempre unilaterale? Anche noi siamo siamo uomini, donne, perché nessuno ci difende?

Quando bisogna difendere le forze dell'ordine si fa a grandi parole, grossi titoli. Quando si devono difendere i manifestanti si fa con piccoli accenni fumosi. Difendeteci, difendete le nostre proteste, questa deve essere la prima cosa. Capite le nostre ragioni, altrimenti, mi dispiace, fra di noi non ci capiremo mai, ci perderemo.
Con questo non voglio dire che il mondo intero deve bruciare. Il mondo deve essere sempre più bello, Piazza del Popolo deve raccogliere feste, le piazze delle singole città devono riempirsi di gioia, ma questo va costruito. E' una posta in palio che si può mettere in piedi tra chi si riconosce, tra chi lotta insieme.

La testa va usata per pensare, lo scrivi tu. Hai perfettamente ragione ed è grazie al ragionamento, al cervello che possiamo capire che ogni momento è diverso dal precedente, ogni momento ha il suo modo di essere vissuto, i contesti sono fluidi, non sono bianchi o neri. La rabbia e i caschi di un giorno possono, diventare l'abbraccio collettivo del giorno dopo, la salita sui tetti. Dobbiamo avere l'intelligenza per farlo, per cambiare noi stessi, essere diversi ogni giorno, lottare con armi ogni giorno diverse, ogni giorno spiazzanti.
Altro dogma: quello dei buoni e cattivi, c'è ovunque sui giornali. Giornalisti che dicono di non aver peli sulla lingua e di dire cose fuori dallo schema che condannano una parte e assolvono l'altra. Ma è proprio questo lo schema. Buoni e cattivi non esistono, ma non lo dico io, lo dici tu, nel tuo libro, quando mostri che nel sistema camorristico ci sta dentro chiunque, anche suo malgrado. Ma non esistono nemmeno in Dostoevskij (quando mai!), in Pirandello, in Melville, in Flaubert, in Stendhal, non esistono nell'Orlando Furioso e nemmeno nella Divina Commedia: Ulisse, che per l'ansia di viaggiare abbandona la famiglia e fa morire i suoi compagni, è buono o cattivo? Quando vediamo il diavolo che piange, proviamo ribrezzo o pietà? Dio, che non fa entrare Virgilio in paradiso, è buono o cattivo? Solo gli ignavi sono beceri, quelli che seguono la bandierina, che seguono le parole già dette, solo loro sono beceri per definizione. Se guardi a chi si è dissociato dai fatti di piazza, ritroverai in loro gli ignavi, si tratta di rappresentanze che contano quanto i cosiddetti traditori del parlamento: non fanno niente, non hanno mai fatto niente, hanno solo promesso e guardato a se stessi. Non mi curo di loro, guardo e passo avanti.
Per il resto la vita è molto più complicata del rapporto bene o male. E molto più variegata. Pensaci un attimo, sono due mesi che la gente scende in piazza e questo movimento non ha ancora un nome, come nei romanzi di Saramago. Siamo sempre "quelli che hanno fatto questo" oppure ci dicono che siamo di un luogo "quelli dell'Aquila, di Terzigno". E' una forza, non credi? Vuol dire che siamo indefinibili: siamo quello che facciamo.

L'altro giorno avevamo i caschi. Domani magari porteremo delle girandole in questura, l'indomani Book Block, il giorno dopo ruberemo in libreria i volumi che ci piacciono e che costano diciotto euro e che non possiamo permetterci (ci difenderai?), parleremo con gente di altre generazioni, staremo con loro, cammineremo. Ci difenderai o ci attaccherai? In ogni caso sappi che saremo sempre le stesse persone.
Altri nemici non ne voglio, caro Roberto, ti ho scritto quello che pensavo, ti ho descritto la situazione reale che c'è stata in Piazza del Popolo, ti ho descritto la situazione quotidiana. Sta a te decidere cosa vuoi leggere nelle proteste. Vuoi leggere un rigurgito del '77? Va bene. Ti diremo che siamo più vicini alle proteste di Londra e Parigi. Vuoi leggere una violenza di gruppi sparuti? Ti diremo che Piazza del Popolo non la riempiono cento persone. Vuoi leggere la violenza solo come un voto in più a Berlusconi? Va bene, leggeremo nelle tue una semplicità di analisi disarmante che si basa su un sistema binario, Zero Uno, Zero Uno. C'è un'infinità di numeri tra cui scegliere e te ne dico un altro: Centomila, sono le persone che l'altro giorno stavano in piazza insieme, al di là di ogni rappresentanza.



Tra l'altro, stasera aveva un incontro con gli universitari su repubblica.tv alle 19.00..qualcuno di voi lo ha seguito?
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17/12/2010 01:44
 
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Mi sono guardato l'intervista a Saviano, che poi in realtà risponde alle mail, alle lettere come quelle postate, a domande varie: se avete tempo guardatela anche voi, dura un'oretta, ma mi ha fatto riflettere.


tv.repubblica.it/copertina/universitari-incontro-con-roberto-saviano/58461?video=&pa...



Ci ho pensato su un po'.

Durante la "diretta" su repubblica.tv, la maggioranza delle mail che viene letta dice sostanzialmente questo:

" Caro Roberto, tu hai sempre dimostrato di saper ragionare ed andare oltre l'apparenza, di saper denunciare le ingiustizie..ecc.
Ora, perchè scrivi un articolo del genere?
Non c'era un manipolo di idioti come dici tu che voleva fare casino, noi non siamo i Black Bloc, i Black Bloc alla manifestazione non c'erano, le violenze sono nate dalla nostra rabbia di studenti e lavoratori precari senza futuro, che ha provato a protestare pacificamente ma non ha ottenuto risultati perchè la classe dirigente non ci dà voce, i mass media non ci danno voce e addirittura ci sminuiscono!
Roberto, dovresti capirci, non ci sono buoni e cattivi, ormai la violenza è l'unica strada. "


Saviano risponde SEMPRE, nello stesso modo: è davvero convinto della sua ideologia non violenta, Roberto non cede passo.


Risponde a questi ragazzi che si sbagliano, che rompere vetrine e picchiare poliziotti, il ricorrere allo scontro con le forze armate e la violenza sono azioni figlie di una vecchia ideologia riformista che ha fallito nel suo intento.
Saviano risponde che questa è la strada facile, ma è anche la stessa strada che danneggia il movimento stesso, perchè l'assaltare un bancomat e il dare fuoco alla camionetta della GdF ti mette in risalto sui giornali per un giorno è vero, ma solo per quello e lo fa mettendoti sotto una cattiva luce, che è quello che la classe dirigente vuole, per far vedere al grande pubblico come in realtà la manifestazione sia violenta e ci sia bisogno di loro per garantire l'ordine.

Quindi Roberto continua dicendo " non cadete nel loro tranello, questo è un movimento di una nuova generazione che ha bisogno di parole nuove, e non di vecchi slogan violenti, di nuovi colori, e non di una classificazione politica sinistra / destra; è un movimento che ha l'occasione di cambiare la nostra classe dirigente, non buttiamo via tutto così ".



Roberto mi piace, sapete?
Mi piace perchè lui ci crede, lui ha davvero la voglia di cambiare, non è un arrendista. Mi piace perchè ripone tanta fiducia e ha speranza nelle persone.



Ma è proprio qui, sta proprio qui, purtroppo, il limite di Roberto Saviano.

Tutti gli studenti, tutti i lavoratori precari, tutti quelli che a Roma c'erano a protestare sono d'accordo con quello che lo scrittore originario della Campania ha appena scritto e affermato.

Ma al contrario di lui, si scontrano con la realtà.


Una realtà che purtroppo non dà visibilità a loro e alle loro proteste pacifiche , non dà visibilità al loro cercare di far far aprire gli occhi a quella grande massa che è il popolo dello stivale.
E' una realtà che si scontra con la stessa mentalità italiana.


E'una realtà questa, che non ha tempo di aspettare che poco per volta tutte le menti dormienti si sveglino, perchè non si vive più e c'è bisogno di cambiare ADESSO.
[Modificato da Dawn of Kelly's Death 17/12/2010 01:44]
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altro che Saviano viva Claudio Santamaria, il vero Dandi...

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21/12/2010 01:18
 
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Tredici modi non violenti per manifestare contro la Gelmini


Avendo preso in seria considerazione le riflessioni espresse da Roberto Saviano sul pericolo di degenerazione delle proteste contro la legge Gelmini, ho pensato di proporre agli studenti alcuni metodi non violenti di sicuro effetto per contestare l’approvazione del provvedimento.

Il girotondo temporale
Circondando la zona rossa nel centro di Roma con una catena umana di migliaia di manifestanti ed iniziando un girotondo in senso contrario all’asse di rotazione terrestre, è possibile riportare indietro nel tempo le leggi sulla pubblica istruzione. Il problema è quando fermarsi, perché nel troppo entusiasmo si rischia di tornare a prima della legge Casati, con ovvi effetti negativi sul fronte del diritto allo studio.

La negazione ontologica
E’ il metodo più radicale di contrapposizione politica, che spinge all’estremo la negazione dell’esistente: occorre negare non solo ogni valore ma anche ogni consistenza ontologica alla legge Gelmini, all’attuale governo ed al sistema capitalista nel suo insieme, fino a convincersi che essi semplicemente non esistono. Malgrado sia tacciato di estremismo inconcludente, il metodo è stato adottato nella sua versione positiva (affermazione ontologica) anche dal Partito Democratico, che da tempo sostiene contro ogni evidenza di esistere ed essere di sinistra.

Lo specchietto per le allodole
Prendendo spunto dai noti episodi di Roma, occorre arrivare quanto più possibile vicino al Parlamento ed urlare a squarciagola di fronte ai poliziotti schierati “sono una minorenne, sono una minorenne”; c’è la forte possibilità che il presidente del Consiglio, sentite queste parole, non resista alla tentazione di venire a dare un’occhiata, interrompendo le votazioni ed esponendosi alla giusta ira dei manifestanti.

Quel mazzolin di fiori
Arrivare a Roma con un carico di diecimila profumatissime gardenie da donare ai poliziotti che circondano la zona rossa, attirandosi così la benevolenza dell’opinione pubblica progressista; dopodiché, liberare uno sciame di centomila calabroni affamati, lasciando a loro il compito di liberare le strade di accesso al Parlamento.

La società dello spettacolo
Acquistare trecentomila copie di Gomorra, da bruciare o recitare in piazza a seconda che si condividano o meno le recenti posizioni dell’autore (metodo suggerito dall’Ufficio Reminders della Mondadori).

De te fabula narratur
Contrapporre alla Narrazione del Potere una Narrazione di insussumibile alterità al Codice Dominante, che sappia ricomporre la radicalità dell’Essere sociale così come espresso dall’azione Biopolitica della Moltitudine in un immaginario vittorioso di Eversione dell’Esistente. Nessuno sa cosa significa ma scatenerà nelle assemblee e sui media di Movimento un furioso dibattito che farà dimenticare a tutti cos’è la Gelmini e perché bisognava bloccarla.

Le Trombe di Gerico
Accatastare di fronte alle barriere della zona rossa tutti i sound system delle situazioni occupate italiane, aprendo un bombardamento sonoro di un trilione di watt a base di techno, ska, reggae, rap estremo, etc.; anche se non crolla Montecitorio e rimane qualche celerino in piedi, sarà difficile che le operazioni di voto possano procedere secondo programma.

Il ricatto
Appartarsi in un posto telefonico isolato con una scorta di schede telefoniche e chiamare al cellulare tutti i parlamentari, sussurrando al microfono “la troia ha parlato, so tutto di quell’affare e se ti azzardi a votare la Gelmini spedisco foto e documenti ai giornali, poi sono cazzi tuoi”, quindi buttare giù; la percentuale di successo, dati la qualità dei parlamentari e l’attuale consistenza della maggioranza, sono discretamente alte.

Il nostro agente all’Avana
Dividersi in gruppi di due-tre persone e presentarsi ai varchi della zona rossa brandendo una tessera dell’Atac e un santino con la faccia di Cossiga, grugnendo “sono un collega in borghese, devo portare questo stronzetto teppista in caserma per fargli il terzo grado”; dopodiché sgattaiolare dentro e filarsela per ritrovarsi tutti sotto Montecitorio a protestare.

Protesta globale
Seguendo le leggi della complessità ed il principio del “pensare globale, agire locale”, è stato ipotizzato che la dispersione di cinquecentomila macaoni in Tasmania dovrebbe creare a Roma una potente tromba d’aria che si porterebbe via Montecitorio, palazzo Madama e palazzo Chigi; data l’estrema complessità delle simulazioni metereologiche su base stocastica, c’è una forte probabilità che il tentativo fallisca e si scateni un altro nubifragio sul Veneto. Ma in tal caso, oltre ad aver rotto simpaticamente i coglioni alla Lega, si sarà fornito un lieto diversivo estetico agli aborigeni australiani.

N.I.M.B.Y.
Organizzare a Roma una manifestazione di un milione di persone, che però passano prima per Napoli e si prendono un sacchetto di spazzatura da deporre per protesta davanti alla zona rossa; anche se non ferma la Gelmini, questa opzione ci leva dalle palle un poco di immondizia (metodo suggerito da alcuni compagni napoletani con tendenze opportuniste).

Bleat Block
Detto anche “fronte del piagnisteo”, il Bleat Block agisce piazzandosi in massa davanti agli schieramenti di polizia e salmodiando a squarciagola slogans che, a seconda dell’orientamento politico dei manifestanti, possono ispirarsi alla Bibbia, alla Costituzione o a Mao Tse Tung; si va quindi da “siamo tutti fratelli, anche voi poliziotti siete sfruttati” a “ogni cittadino ha diritto alla libera espressione del suo pensiero” fino a “coi Maestri vinceremo, costruiamo un governo di Fronte popolare”. Malgrado la sua apparente pacificità, il Bleat Block è quello che maggiormente rischia di far degenerare le manifestazioni, perché è difficile che di fronte ad una tale geremiade di cazzate qualche pulotto non perda la tesa e parta una pericolosa carica di silenziamento.

La numero tredici
E’ l’unica praticabile e quella con più possibilità di riuscita; purtroppo nessuno la conosce, perché ognuna delle milioni di persone che vorrebbero cambiare questa baracca ne possiede solo un pezzetto e non c’è verso di metterle tutte insieme per decifrare il messaggio. Inoltre la sinistra istituzionale si oppone al suo utilizzo perché sostiene che il tredici porta sfiga.




( Fonte: napoli.indymendia.org – 19 Dicembre 2010 )
[Modificato da Dawn of Kelly's Death 21/12/2010 01:20]
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