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Ultimo Aggiornamento: 21/12/2010 01:18
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Non ho un c.... da fare!!!
15/12/2010 14:28
 
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Da infoaut

É istruttivo ricostruire la giornata del 14 dicembre 2010 attraverso le convulse e affannate cronache del sito di Repubblica. Fin dal primo mattino,fiduciosi nella sfiducia all'ormai impresentabile bubbone Berlusconi,l'attenzione si è concentrata sull'aula parlamentare, sul freneticoinseguimento delle voci di corridoio, sulle ultime compravendite di voti. Le manifestazioni di piazza, dopo essere state accarezzate e coccolate per settimane, sono relegate a metà pagina, eco di contorno di un popolo pronto a inneggiare alla caduta del tiranno. Si capisce: ora, a un passo dall'auspicata uscita di scena del malvagio di Arcore, il problema è ricondurre tutto alla soluzione istituzionale. Ma poco prima dell'ora di pranzo prendono corpo i fantasmi del colpo fallito: al gruppetto capeggiato da Calearo, ultima perla lasciata in eredità dal geniale Veltroni, si aggiungono le futuriste Siliquini e Polidori. Quest'ultima ci restituisce l'immagine simbolo non solo della giornata, ma di un'era politica: la proprietaria del Cepu ha venduto il proprio voto per salvare un'impresa in cui da oggi, oltre alle lauree, si possono comprare anche le fiducie parlamentari. Ecco l'investimento in formazione e ricerca, ecco l'idea di università che agita i sonni della maggioranza e delle opposizioni!
Non si capisce più chi ha tradito chi, semplicemente perché la posta in palio non è un progetto politico, ma la sopravvivenza di ceti politici. Tra cavaliere e cavallo non c'è differenza. Tutto il resto è storia nota: il badogliano Fini è sconfitto (evviva!), Berlusconi - mischiando Pirro e Romolo Augusto nell'avanspettacolo - prolunga la propria agonia da animale braccato e consegna i suoi ultimi mesi nelle mani della Lega, lo spettatore Bersani contempla la propria impotenza, i mercenari dell'Italia dei Valori dimostrano di che pasta è fatto il partito giustizialista.

Allora lo scenario cambia rapidamente: bisogna ridare la parola alle piazze.
Dal sito di Repubblica rispuntano ovunque cortei e mobilitazioni, il messaggio è che il popolo protesta contro la mancata caduta di Berlusconi. Come tutti i popoli, è anche questo disincarnato, surrettizia unità di individui privi di voce e soggettività, dunque in attesa di farsi rappresentare. Ecco che, però, il reale squarcia il reality show. Non c'è più piazza del popolo, perché il popolo si spacca: studenti e precari si riprendono ciò che è loro, da Londra all'Italia le fiamme illuminano la strada verso una nuova Europa. Il sito impallidisce terrorizzato: dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo, dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.

I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche, e forza costituente.
Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che - come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.

É questo il motivo per cui i cortei studenteschi incontrano questa diffusa solidarietà, perfino quando bloccano gli snodi centrali della comunicazione e del traffico metropolitano nelle ore di punta. Non perché sono i giovani bravi ed educati che sogna Repubblica, ma perché a partire dalla loro parzialità parlano il linguaggio della generalizzazione contro l'interesse generale - quello del paese e dunque dei Montezemolo e dei Marchionne. Perché parlano il linguaggio della lotta alla precarietà permanente, della riappropriazione della ricchezza comune, dell'autonomia e della libertà - quella senza popolo e contro l'imposizione del futuro. Perché parlano un linguaggio di classe. Chi pensa di poter ricondurre i conflitti e questo processo di soggettivazione nei codici della compatibilità rappresentativa o alla difesa dell'università pubblica, chi pensa che finita la battaglia si ritorni allo status quo ante ha sbagliato i propri conti, né più né meno delle odierne maggioranze e opposizioni. Lo avevamo detto: il Ddl Gelmini è un casus belli, la guerra vera inizia ora. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. In serata, allora, il quadro istituzionale si ricompone unanime intorno alla condanna degli studenti e dei precari. Vuol dire che hanno paura. Era ora.
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15/12/2010 14:54
 
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Re:
@Chaos@, 15/12/2010 14.28:

Da infoaut

É istruttivo ricostruire la giornata del 14 dicembre 2010 attraverso le convulse e affannate cronache del sito di Repubblica. Fin dal primo mattino,fiduciosi nella sfiducia all'ormai impresentabile bubbone Berlusconi,l'attenzione si è concentrata sull'aula parlamentare, sul freneticoinseguimento delle voci di corridoio, sulle ultime compravendite di voti. Le manifestazioni di piazza, dopo essere state accarezzate e coccolate per settimane, sono relegate a metà pagina, eco di contorno di un popolo pronto a inneggiare alla caduta del tiranno. Si capisce: ora, a un passo dall'auspicata uscita di scena del malvagio di Arcore, il problema è ricondurre tutto alla soluzione istituzionale. Ma poco prima dell'ora di pranzo prendono corpo i fantasmi del colpo fallito: al gruppetto capeggiato da Calearo, ultima perla lasciata in eredità dal geniale Veltroni, si aggiungono le futuriste Siliquini e Polidori. Quest'ultima ci restituisce l'immagine simbolo non solo della giornata, ma di un'era politica: la proprietaria del Cepu ha venduto il proprio voto per salvare un'impresa in cui da oggi, oltre alle lauree, si possono comprare anche le fiducie parlamentari. Ecco l'investimento in formazione e ricerca, ecco l'idea di università che agita i sonni della maggioranza e delle opposizioni!
Non si capisce più chi ha tradito chi, semplicemente perché la posta in palio non è un progetto politico, ma la sopravvivenza di ceti politici. Tra cavaliere e cavallo non c'è differenza. Tutto il resto è storia nota: il badogliano Fini è sconfitto (evviva!), Berlusconi - mischiando Pirro e Romolo Augusto nell'avanspettacolo - prolunga la propria agonia da animale braccato e consegna i suoi ultimi mesi nelle mani della Lega, lo spettatore Bersani contempla la propria impotenza, i mercenari dell'Italia dei Valori dimostrano di che pasta è fatto il partito giustizialista.

Allora lo scenario cambia rapidamente: bisogna ridare la parola alle piazze.
Dal sito di Repubblica rispuntano ovunque cortei e mobilitazioni, il messaggio è che il popolo protesta contro la mancata caduta di Berlusconi. Come tutti i popoli, è anche questo disincarnato, surrettizia unità di individui privi di voce e soggettività, dunque in attesa di farsi rappresentare. Ecco che, però, il reale squarcia il reality show. Non c'è più piazza del popolo, perché il popolo si spacca: studenti e precari si riprendono ciò che è loro, da Londra all'Italia le fiamme illuminano la strada verso una nuova Europa. Il sito impallidisce terrorizzato: dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo, dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.

I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche, e forza costituente.
Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che - come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.

É questo il motivo per cui i cortei studenteschi incontrano questa diffusa solidarietà, perfino quando bloccano gli snodi centrali della comunicazione e del traffico metropolitano nelle ore di punta. Non perché sono i giovani bravi ed educati che sogna Repubblica, ma perché a partire dalla loro parzialità parlano il linguaggio della generalizzazione contro l'interesse generale - quello del paese e dunque dei Montezemolo e dei Marchionne. Perché parlano il linguaggio della lotta alla precarietà permanente, della riappropriazione della ricchezza comune, dell'autonomia e della libertà - quella senza popolo e contro l'imposizione del futuro. Perché parlano un linguaggio di classe. Chi pensa di poter ricondurre i conflitti e questo processo di soggettivazione nei codici della compatibilità rappresentativa o alla difesa dell'università pubblica, chi pensa che finita la battaglia si ritorni allo status quo ante ha sbagliato i propri conti, né più né meno delle odierne maggioranze e opposizioni. Lo avevamo detto: il Ddl Gelmini è un casus belli, la guerra vera inizia ora. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. In serata, allora, il quadro istituzionale si ricompone unanime intorno alla condanna degli studenti e dei precari. Vuol dire che hanno paura. Era ora.



Devono avere paura

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Non ho un c.... da fare!!!
15/12/2010 16:44
 
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oh scusate ho sbagliato strada son finito a zeccolandia.
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Main eventer
15/12/2010 17:14
 
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Premetto che per questioni di tempo non ho letto tutto il post,quindi se vado off topic chiedo scusa in anticipo.

Io credo che sià giusto ed un diritto per ogni cittadino quello di contestare una determinata cosa.

Resta il fatto che serve sempre educazione e buonsenso. Ogni forma di violenza,sopratutto se fisica deve essere punita in modo serio.

Ergo: Se io tutotore della legge,mi vedo arrivare una spranga,una bottiglia,o un qualsiasi altro oggetto contundente in testa sono tunuto a difendermi ed a saccagnarti di botte.

Quello che si è visto ieri a Roma (se è di quello che si sta parlando) è una cosa vergognosa che non può essere tollerata in alcun modo.

Io almeno la penso così.
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Non ho un c.... da fare!!!
15/12/2010 17:16
 
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Re:
mozzi1984, 15/12/2010 17.14:

Premetto che per questioni di tempo non ho letto tutto il post



io anche mi sono fermato qui.
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Main eventer
15/12/2010 17:17
 
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Re: Re:
@Chaos@, 15/12/2010 17.16:



io anche mi sono fermato qui.



Ah contento tu!
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Mi fanno male le dita
15/12/2010 19:12
 
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Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.
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Non ho un c.... da fare!!!
15/12/2010 19:44
 
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Vabbè, e quindi? Un raffinato giro di parole per giustificare pestaggi, camionette bruciate di polizia che per una volta non c'entrava niente? Io ci stavo, e la metà della gente che ho visto s'è presentata con le spranghe. E di quelli con le spranghe, buona parte erano pariolini della peggio specie.

Grandi atti lanciare un fumogeno dentro la camionetta, rischiando di ammazzare una dozzina di persone.

O anche di dare fuoco alle macchine, per il semplice fatto che sono SUV della Mercedes, tipo l'auto di mio padre.

Una cosa è la lotta, una cosa è il teppismo armato.
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Mi fanno male le dita
15/12/2010 19:52
 
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Re:
AtomBomb, 15/12/2010 19.12:

Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.




ti ho detto in mp cosa vedo, penso che verrà fatta una stretta autoritaria
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Mi fanno male le dita
15/12/2010 20:01
 
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Re:
AtomBomb, 15/12/2010 19.12:

Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.




Non lo fanno in molti, purtroppo. I politici men che meno.

Trovo comunque fin troppo semplice finire a scontrarsi contro le forze di polizia. Più che altro perchè le proprie, anche giuste, frustrazioni si sfogano solo su di loro.

Aspetto il primo che mi parla di poliziotti infami e quant'altro.
15/12/2010 20:57
 
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Alla fine non succederà nulla, come al solito. L'Italia è un paese fondamentalmente di destra, quando ve lo metterete in testa?
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15/12/2010 21:11
 
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Comunque la Polidori non è la proprietaria del CEPU, è un caso di omonimia...ma si sa, la notizia vende meglio così.
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Non ho un c.... da fare!!!
15/12/2010 22:00
 
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it's just beginning

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16/12/2010 08:25
 
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Re:
Elban Rattlesnake, 15/12/2010 20.57:

Alla fine non succederà nulla, come al solito. L'Italia è un paese fondamentalmente di destra, quando ve lo metterete in testa?



Larghe vedute eh? [SM=x54481]
16/12/2010 10:31
 
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Re: Re:
thermoponch, 16/12/2010 8.25:



Larghe vedute eh? [SM=x54481]




Se ci rifletti è vero, sennò com'è possibile che Mr B vinca quasi regolarmente le elezioni?


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