Pagine: [1], 2
@Chaos@
00mercoledì 15 dicembre 2010 14:28
Da infoaut

É istruttivo ricostruire la giornata del 14 dicembre 2010 attraverso le convulse e affannate cronache del sito di Repubblica. Fin dal primo mattino,fiduciosi nella sfiducia all'ormai impresentabile bubbone Berlusconi,l'attenzione si è concentrata sull'aula parlamentare, sul freneticoinseguimento delle voci di corridoio, sulle ultime compravendite di voti. Le manifestazioni di piazza, dopo essere state accarezzate e coccolate per settimane, sono relegate a metà pagina, eco di contorno di un popolo pronto a inneggiare alla caduta del tiranno. Si capisce: ora, a un passo dall'auspicata uscita di scena del malvagio di Arcore, il problema è ricondurre tutto alla soluzione istituzionale. Ma poco prima dell'ora di pranzo prendono corpo i fantasmi del colpo fallito: al gruppetto capeggiato da Calearo, ultima perla lasciata in eredità dal geniale Veltroni, si aggiungono le futuriste Siliquini e Polidori. Quest'ultima ci restituisce l'immagine simbolo non solo della giornata, ma di un'era politica: la proprietaria del Cepu ha venduto il proprio voto per salvare un'impresa in cui da oggi, oltre alle lauree, si possono comprare anche le fiducie parlamentari. Ecco l'investimento in formazione e ricerca, ecco l'idea di università che agita i sonni della maggioranza e delle opposizioni!
Non si capisce più chi ha tradito chi, semplicemente perché la posta in palio non è un progetto politico, ma la sopravvivenza di ceti politici. Tra cavaliere e cavallo non c'è differenza. Tutto il resto è storia nota: il badogliano Fini è sconfitto (evviva!), Berlusconi - mischiando Pirro e Romolo Augusto nell'avanspettacolo - prolunga la propria agonia da animale braccato e consegna i suoi ultimi mesi nelle mani della Lega, lo spettatore Bersani contempla la propria impotenza, i mercenari dell'Italia dei Valori dimostrano di che pasta è fatto il partito giustizialista.

Allora lo scenario cambia rapidamente: bisogna ridare la parola alle piazze.
Dal sito di Repubblica rispuntano ovunque cortei e mobilitazioni, il messaggio è che il popolo protesta contro la mancata caduta di Berlusconi. Come tutti i popoli, è anche questo disincarnato, surrettizia unità di individui privi di voce e soggettività, dunque in attesa di farsi rappresentare. Ecco che, però, il reale squarcia il reality show. Non c'è più piazza del popolo, perché il popolo si spacca: studenti e precari si riprendono ciò che è loro, da Londra all'Italia le fiamme illuminano la strada verso una nuova Europa. Il sito impallidisce terrorizzato: dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo, dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.

I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche, e forza costituente.
Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che - come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.

É questo il motivo per cui i cortei studenteschi incontrano questa diffusa solidarietà, perfino quando bloccano gli snodi centrali della comunicazione e del traffico metropolitano nelle ore di punta. Non perché sono i giovani bravi ed educati che sogna Repubblica, ma perché a partire dalla loro parzialità parlano il linguaggio della generalizzazione contro l'interesse generale - quello del paese e dunque dei Montezemolo e dei Marchionne. Perché parlano il linguaggio della lotta alla precarietà permanente, della riappropriazione della ricchezza comune, dell'autonomia e della libertà - quella senza popolo e contro l'imposizione del futuro. Perché parlano un linguaggio di classe. Chi pensa di poter ricondurre i conflitti e questo processo di soggettivazione nei codici della compatibilità rappresentativa o alla difesa dell'università pubblica, chi pensa che finita la battaglia si ritorni allo status quo ante ha sbagliato i propri conti, né più né meno delle odierne maggioranze e opposizioni. Lo avevamo detto: il Ddl Gelmini è un casus belli, la guerra vera inizia ora. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. In serata, allora, il quadro istituzionale si ricompone unanime intorno alla condanna degli studenti e dei precari. Vuol dire che hanno paura. Era ora.
Chedino
00mercoledì 15 dicembre 2010 14:54
Re:
@Chaos@, 15/12/2010 14.28:

Da infoaut

É istruttivo ricostruire la giornata del 14 dicembre 2010 attraverso le convulse e affannate cronache del sito di Repubblica. Fin dal primo mattino,fiduciosi nella sfiducia all'ormai impresentabile bubbone Berlusconi,l'attenzione si è concentrata sull'aula parlamentare, sul freneticoinseguimento delle voci di corridoio, sulle ultime compravendite di voti. Le manifestazioni di piazza, dopo essere state accarezzate e coccolate per settimane, sono relegate a metà pagina, eco di contorno di un popolo pronto a inneggiare alla caduta del tiranno. Si capisce: ora, a un passo dall'auspicata uscita di scena del malvagio di Arcore, il problema è ricondurre tutto alla soluzione istituzionale. Ma poco prima dell'ora di pranzo prendono corpo i fantasmi del colpo fallito: al gruppetto capeggiato da Calearo, ultima perla lasciata in eredità dal geniale Veltroni, si aggiungono le futuriste Siliquini e Polidori. Quest'ultima ci restituisce l'immagine simbolo non solo della giornata, ma di un'era politica: la proprietaria del Cepu ha venduto il proprio voto per salvare un'impresa in cui da oggi, oltre alle lauree, si possono comprare anche le fiducie parlamentari. Ecco l'investimento in formazione e ricerca, ecco l'idea di università che agita i sonni della maggioranza e delle opposizioni!
Non si capisce più chi ha tradito chi, semplicemente perché la posta in palio non è un progetto politico, ma la sopravvivenza di ceti politici. Tra cavaliere e cavallo non c'è differenza. Tutto il resto è storia nota: il badogliano Fini è sconfitto (evviva!), Berlusconi - mischiando Pirro e Romolo Augusto nell'avanspettacolo - prolunga la propria agonia da animale braccato e consegna i suoi ultimi mesi nelle mani della Lega, lo spettatore Bersani contempla la propria impotenza, i mercenari dell'Italia dei Valori dimostrano di che pasta è fatto il partito giustizialista.

Allora lo scenario cambia rapidamente: bisogna ridare la parola alle piazze.
Dal sito di Repubblica rispuntano ovunque cortei e mobilitazioni, il messaggio è che il popolo protesta contro la mancata caduta di Berlusconi. Come tutti i popoli, è anche questo disincarnato, surrettizia unità di individui privi di voce e soggettività, dunque in attesa di farsi rappresentare. Ecco che, però, il reale squarcia il reality show. Non c'è più piazza del popolo, perché il popolo si spacca: studenti e precari si riprendono ciò che è loro, da Londra all'Italia le fiamme illuminano la strada verso una nuova Europa. Il sito impallidisce terrorizzato: dov'è finito il popolo educato dell'anti-berlusconismo, dove sono andati gli immaginari bravi ragazzi che piacciono a XL e che si difendono con la cultura e i libri? Scomparsi, e al loro posto ecco calare da chissà dove i black bloc. Il sapere non è più la sacra icona del pubblico da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. É l'intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori.

I buoni e i cattivi, storia nota si potrebbe pensare. E invece, qua c'è una grande novità. A prendere parola, collettivamente e in modo giustamente furioso, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente. L'assenza di futuro è, innanzitutto, insopportabilità del presente. Sono passati due anni dall'Onda, dall'illusione che mettendo in galera i corrotti si risolvesse la propria condizione di precarietà. La crisi ha scavato a fondo. Le lotte hanno determinato la crisi, la crisi ha lavorato per le lotte: nelle assemblee di scuole e università i discorsi sulla meritocrazia si indeboliscono, non si sentono quasi più quelli sulla legalità o la giustizia. La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia e delle banche, e forza costituente.
Studenti medi e appena entrati all'università, i veri soggetti nuovi del movimento, sono radicali nei comportamenti e nell'espressione di piazza perché hanno afferrato la radice della questione: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Insomma, a bruciare sulle barricate dei palazzi assediati è la fiducia non solo in questo o quel governo ma nella speranza, che - come Monicelli ci ha insegnato - è una trappola dei padroni.

É questo il motivo per cui i cortei studenteschi incontrano questa diffusa solidarietà, perfino quando bloccano gli snodi centrali della comunicazione e del traffico metropolitano nelle ore di punta. Non perché sono i giovani bravi ed educati che sogna Repubblica, ma perché a partire dalla loro parzialità parlano il linguaggio della generalizzazione contro l'interesse generale - quello del paese e dunque dei Montezemolo e dei Marchionne. Perché parlano il linguaggio della lotta alla precarietà permanente, della riappropriazione della ricchezza comune, dell'autonomia e della libertà - quella senza popolo e contro l'imposizione del futuro. Perché parlano un linguaggio di classe. Chi pensa di poter ricondurre i conflitti e questo processo di soggettivazione nei codici della compatibilità rappresentativa o alla difesa dell'università pubblica, chi pensa che finita la battaglia si ritorni allo status quo ante ha sbagliato i propri conti, né più né meno delle odierne maggioranze e opposizioni. Lo avevamo detto: il Ddl Gelmini è un casus belli, la guerra vera inizia ora. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. In serata, allora, il quadro istituzionale si ricompone unanime intorno alla condanna degli studenti e dei precari. Vuol dire che hanno paura. Era ora.



Devono avere paura

maroz78
00mercoledì 15 dicembre 2010 16:44
oh scusate ho sbagliato strada son finito a zeccolandia.
mozzi1984
00mercoledì 15 dicembre 2010 17:14
Premetto che per questioni di tempo non ho letto tutto il post,quindi se vado off topic chiedo scusa in anticipo.

Io credo che sià giusto ed un diritto per ogni cittadino quello di contestare una determinata cosa.

Resta il fatto che serve sempre educazione e buonsenso. Ogni forma di violenza,sopratutto se fisica deve essere punita in modo serio.

Ergo: Se io tutotore della legge,mi vedo arrivare una spranga,una bottiglia,o un qualsiasi altro oggetto contundente in testa sono tunuto a difendermi ed a saccagnarti di botte.

Quello che si è visto ieri a Roma (se è di quello che si sta parlando) è una cosa vergognosa che non può essere tollerata in alcun modo.

Io almeno la penso così.
@Chaos@
00mercoledì 15 dicembre 2010 17:16
Re:
mozzi1984, 15/12/2010 17.14:

Premetto che per questioni di tempo non ho letto tutto il post



io anche mi sono fermato qui.
mozzi1984
00mercoledì 15 dicembre 2010 17:17
Re: Re:
@Chaos@, 15/12/2010 17.16:



io anche mi sono fermato qui.



Ah contento tu!
AtomBomb
00mercoledì 15 dicembre 2010 19:12
Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.
Darth_Dario
00mercoledì 15 dicembre 2010 19:44
Vabbè, e quindi? Un raffinato giro di parole per giustificare pestaggi, camionette bruciate di polizia che per una volta non c'entrava niente? Io ci stavo, e la metà della gente che ho visto s'è presentata con le spranghe. E di quelli con le spranghe, buona parte erano pariolini della peggio specie.

Grandi atti lanciare un fumogeno dentro la camionetta, rischiando di ammazzare una dozzina di persone.

O anche di dare fuoco alle macchine, per il semplice fatto che sono SUV della Mercedes, tipo l'auto di mio padre.

Una cosa è la lotta, una cosa è il teppismo armato.
Takerlord
00mercoledì 15 dicembre 2010 19:52
Re:
AtomBomb, 15/12/2010 19.12:

Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.




ti ho detto in mp cosa vedo, penso che verrà fatta una stretta autoritaria
TheProfKiller
00mercoledì 15 dicembre 2010 20:01
Re:
AtomBomb, 15/12/2010 19.12:

Ci sono scontri in Italia, in Grecia, in Inghilterra, in Irlanda, presto ci saranno anche in Spagna e Portogallo, forse sarebbe il caso di iniziare a guardare oltre il proprio naso, andare oltre i commenti di pancia, e chiedersi come mai queste persone protestano.




Non lo fanno in molti, purtroppo. I politici men che meno.

Trovo comunque fin troppo semplice finire a scontrarsi contro le forze di polizia. Più che altro perchè le proprie, anche giuste, frustrazioni si sfogano solo su di loro.

Aspetto il primo che mi parla di poliziotti infami e quant'altro.
Elban Rattlesnake
00mercoledì 15 dicembre 2010 20:57
Alla fine non succederà nulla, come al solito. L'Italia è un paese fondamentalmente di destra, quando ve lo metterete in testa?
Harry Deekolo
00mercoledì 15 dicembre 2010 21:11
Comunque la Polidori non è la proprietaria del CEPU, è un caso di omonimia...ma si sa, la notizia vende meglio così.
@Chaos@
00mercoledì 15 dicembre 2010 22:00
it's just beginning

thermoponch
00giovedì 16 dicembre 2010 08:25
Re:
Elban Rattlesnake, 15/12/2010 20.57:

Alla fine non succederà nulla, come al solito. L'Italia è un paese fondamentalmente di destra, quando ve lo metterete in testa?



Larghe vedute eh? [SM=x54481]
Elban Rattlesnake
00giovedì 16 dicembre 2010 10:31
Re: Re:
thermoponch, 16/12/2010 8.25:



Larghe vedute eh? [SM=x54481]




Se ci rifletti è vero, sennò com'è possibile che Mr B vinca quasi regolarmente le elezioni?


The Man Who Walks Alone
00giovedì 16 dicembre 2010 10:36
aggiungo l'intervento di Saviano su Repubblica che mi sembra bene fatto e mi trova d'accordissimo

Lettera ai ragazzi del movimento
di ROBERTO SAVIANO

Lettera ai ragazzi del movimento
CHI LA LANCIATO un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee.

Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia.

I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo.

Scrivo
questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa.

Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo.

Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere.

Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato. L'idea di un'Italia diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.

Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine". Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario. E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere.
©2010 /Agenzia Santachiara
Elban Rattlesnake
00giovedì 16 dicembre 2010 10:43
Mi sembra un intervento serio e ragionevole, quoto Saviano. [SM=x54480]
rogerio guerrero
00giovedì 16 dicembre 2010 10:43
Saviano di politica non capisce molto e parla di qualcosa che non sta in cielo ne in terra. Si continua ad immaginare un presunto "blocco nero" perchè non si vuole accettare che studenti, precari, terremotati, operai e immondezzati hanno perso la pazienza.

Non c'è nessun blocco nero, sono solo persone normali nere dalla rabbia.

Jacques-Louis David
00giovedì 16 dicembre 2010 10:47
Juncker: «L’Italia non corre rischi»
«Nonostante il debito sono stati fatti notevoli sforzi per i conti pubblici». Berlusconi al Consiglio europeo

MILANO - Non c’è «alcun motivo» di rischio per l’Italia. «Soprattutto adesso che si è allontanata la prospettiva di una crisi di governo». Ne è convinto il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker che in un’intervista al Corriere della Sera spiega: «dal punto di vista politico-finanziario non vedo alcun motivo perché l’Italia possa venire punita dai mercati. Soprattutto adesso che si è allontanata la prospettiva di una crisi di governo». «Il parlamento - aggiunge - ha approvato una manovra finanziaria da 24 miliardi con notevoli risparmi. E nonostante il debito sia al 118% del Pil per il 2010, sono stati fatti notevoli sforzi per riportare in ordine i conti pubblici».

IL DEBITO - Quanto poi alle decisioni che Juncker si attende dal Consiglio europeo, il premier lussemburghese spiega: «si concentrerà soprattutto sulla decisione per la modifica del Trattato riguardante l’eurozona. Si dirà che Eurolandia costituisce un meccanismo permanente anticrisi per garantire la stabilità del sistema finanziario europeo. E che l’utilizzo di questo meccanismo sottopone i paesi che ne usufruiranno dopo il 2013 a chiare condizioni, molto severe, analoghe a quelle cui sono sottoposte ora la Grecia e l’Irlanda. Poi i min istri finanziari saranno incaricati di elaborare i dettagli del meccanismo salva-stati che saranno decisi al Consiglio europeo tra sei mesi circa».

BERLUSCONI - Intanto forte del voto di fiducia raccolto alla Camera, Silvio Berlusconi sarà giovedì sul palcoscenico europeo di Bruxelles. Troverà un clima più disteso, sottolineano fonti di palazzo Chigi, dopo che il grosso del lavoro per le modifiche del Trattato di Lisbona in chiave anti-crisi sono state definite nel vertice di novembre e dai lavori dei ministri finanziari. Ma l'Italia si presenta guardinga e alla vigilia fa sapere che sarebbe pronta anche a dire no alla riforma se ci fossero sorprese dell'ultim'ora, se, cioè, non si terrà conto di tutti i «fattori rilevanti» che incidono sul debito pubblico, compreso il debito privato che nel nostro Paese è decisamente più contenuto che in altri.

BELGIO - Infine in grave crisi politica da tempo, è toccato al Belgio dover rassicurare i mercati con l'annuncio, proprio alla vigilia del Consiglio europeo, da parte del ministro delle Finanze Didier Reynders, di una manovra correttiva di due miliardi di euro per il 2011.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 10:59
Saviano si presenta (come ho sempre detto) parte di quel movimento che richiede la giustizia attraverso repressione e galera, che vuole che tutto sia norma e che il fuorilegge sia esso quello che truffa per miliardi sia esso quello che ruba il pane per campare venga messo in galera.
Fa parte della cricca manettara dei Di Pietro e dei Travaglio, portatori dell'antipolitica, pericolosi davvero per il nostro paese non come una vetrina rotta ma come l'ombra luccicante di uno stato di polizia, dove tutto funziona ma dove non e' concessa la liberta' di critica.
Io lo capisco in fondo il futuro e' un fatto di scelte e lui fa la scelta piu' facile divide i buoni e cattivi, da una parte i buoni con la bandiera della pace e i colori e la musica e dall'altra i cattivi quelli neri con i caschi e con la rabbia, questa divisione e' gia' stata rifiutata da questo movimento che si e' compattato contro ogni tipo di strumentalizzazione, Saviano semplicemente non ne fa parte nonostante il "noi" che utilizza e come tale pecca sia nella visione d'insieme sia nella visione delle prospettive.
Qui c'e' da fare il futuro per milioni di persone che non arrivano a fine mese e i Saviano che vogliono una protesta da cartolina saranno sorpresi da quanta rabbia si esprimera' da qui in avanti, e se hanno paura vuol dire che stanno dalla parte sbagliata.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 11:04
Saviano lo stanno rovinando nei commenti di repubblica.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 11:40
Lettera a Roberto Saviano

La tua popolarità t’ha fatto proprio male perché oggi mi rendo conto che il mondo della cultura ha perso Monicelli e ci sei rimasto tu.

Mi dispiace dei tuoi guai e ti capisco, perfino, ogni volta che punti lo sguardo in alto per cercare un contatto con il mondo che in questo momento ti è impedito.

Ti sei scelto una lotta dignitosa, l’ho fatta anch’io contro la mafia, la fanno in tanti tutti i giorni, solo che tu hai qualcuno che in questo momento ti fa da scudo mentre altri non hanno che un sanpietrino per difendersi.

Perché i nemici sono pericolosi sempre. La lotta contro i poteri fiacca le giornate, la vita, talvolta, si lo ammetto, anche la fantasia. Ma qui c’è gente che non sta a sentire neppure quelli che sono stati eletti ad icona come te.

Non hai il diritto di insultare chi lotta e bisogna che qualcuno ti dica che dalla consapevolezza di una lotta giusta sei passato ad un delirio di onnipotenza un po’ antipatico. Dovresti dare un limite numerico – che so: tre all’anno? – ai i tuoi sermoni dall’alto della tua posizione privilegiata di stipendiato endemol e mondadori.

Quanti anni hai? 28? 30? E quanti anni avevi quando hai cominciato a vedere il mondo attraverso il filtro della tua scorta? 26? Troppo pochi per capire e te lo dice una che a quarant’anni ancora ha tanto da imparare.

Ti dico io una cosa che qualcuno avrebbe dovuto dirti molto tempo fa. Ti stanno usando. Sei funzionale al potere. Nella tua maniera di difendere lo “Stato” tirando fuori parole degne della peggiore retorica, tutto schierato con la magistratura e con la polizia, sempre calato nel ruolo della vittima dei poteri forti e primo a lanciare sassi contro chi alla vista di quegli stessi poteri alza la testa.

Li conosco quelli come te, borghesi intellettuali che non hanno mai fatto nulla di particolarmente trasgressivo e che improvvisamente si vedono ricucito addosso un abito ribelle che non gli appartiene.

Vedi com’è? Che ti torna subito la tentazione di parlare con la voce di chi tiene tutto in ordine, il tormentone dell’autorità che bisogna rispettare, perché falcone, perché borsellino, perché bla bla bla.

L’hai mai frequentata una piazza? Lo sai perché i ragazzi portano i caschi? Hai presente una testa spaccata da un colpo di manganello come fosse un cocomero? Lo sai che quando le manganellate partono prendono chiunque? Te incluso se fossi nei paraggi e senza scorta.

Troppo comodo parlare dalla tua posizione. Troppo comodo immaginare di non poter essere contraddetto perché ti hanno eletto santo.

E sai che c’è? Che quello che hai scritto tu, girato su repubblica dalla tua agenzia letteraria, con tanto di bollino siae, è solo il lamento griffato di un ragazzo che in un colpo solo tradisce la lotta della sua gente, quella delle famiglie che resistono all’immondizia, delle vecchie e nuove generazioni che lottano per non diventare manodopera della camorra.

Tu davvero non conosci la storia, figuriamoci l’anarchia. E ti presti al gioco di chi mette al bando un Pinelli al giorno per nascondere i crimini efferati compiuti da stragisti fascisti collusi con quello Stato del quale tu parli a senso unico.

Te lo dico da donna meridionale: se non hai assaggiato la precarietà, se le tue prospettive di futuro sono migliorate, lascia stare. La vita di quelli che invece di una scorta hanno al seguito i creditori è cosa ben diversa.

La tua lettera è proprio brutta perché da un santo come te mi sarei aspettata una epistola diretta ai parlamentari finiani e dell’idv che hanno votato la fiducia al governo. Avresti potuto usare mille parole. Avresti potuto dirigere meglio la tua indignazione. Avresti potuto perfino raccontare le tantissime persone in piazza senza stare su un piedistallo. Immaginando di essere uno di loro, uno come tanti, semplicemente uno che sceglie un altro modo per lottare, rispettabile ma non per questo preferibile per tutti. Avresti potuto dire che quanto era successo non ti è piaciuto senza usare supponenza, senza immaginare di essere superiore a quelli che conducono lotte in modo diverso dal tuo.

Non credo ci sia molto altro da dire: i ragazzi del movimento fanno movimento. Si confrontano. Hanno sicuramente punti di vista differenti. Se lo diranno. Ce lo diranno. Ma tu…tu sei semplicemente un’altra cosa.

femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/12/16/lettera-a-roberto-...
rogerio guerrero
00giovedì 16 dicembre 2010 11:50
Re:
@Chaos@, 16/12/2010 11.40:

Lettera a Roberto Saviano

La tua popolarità t’ha fatto proprio male perché oggi mi rendo conto che il mondo della cultura ha perso Monicelli e ci sei rimasto tu.

Mi dispiace dei tuoi guai e ti capisco, perfino, ogni volta che punti lo sguardo in alto per cercare un contatto con il mondo che in questo momento ti è impedito.

Ti sei scelto una lotta dignitosa, l’ho fatta anch’io contro la mafia, la fanno in tanti tutti i giorni, solo che tu hai qualcuno che in questo momento ti fa da scudo mentre altri non hanno che un sanpietrino per difendersi.

Perché i nemici sono pericolosi sempre. La lotta contro i poteri fiacca le giornate, la vita, talvolta, si lo ammetto, anche la fantasia. Ma qui c’è gente che non sta a sentire neppure quelli che sono stati eletti ad icona come te.

Non hai il diritto di insultare chi lotta e bisogna che qualcuno ti dica che dalla consapevolezza di una lotta giusta sei passato ad un delirio di onnipotenza un po’ antipatico. Dovresti dare un limite numerico – che so: tre all’anno? – ai i tuoi sermoni dall’alto della tua posizione privilegiata di stipendiato endemol e mondadori.

Quanti anni hai? 28? 30? E quanti anni avevi quando hai cominciato a vedere il mondo attraverso il filtro della tua scorta? 26? Troppo pochi per capire e te lo dice una che a quarant’anni ancora ha tanto da imparare.

Ti dico io una cosa che qualcuno avrebbe dovuto dirti molto tempo fa. Ti stanno usando. Sei funzionale al potere. Nella tua maniera di difendere lo “Stato” tirando fuori parole degne della peggiore retorica, tutto schierato con la magistratura e con la polizia, sempre calato nel ruolo della vittima dei poteri forti e primo a lanciare sassi contro chi alla vista di quegli stessi poteri alza la testa.

Li conosco quelli come te, borghesi intellettuali che non hanno mai fatto nulla di particolarmente trasgressivo e che improvvisamente si vedono ricucito addosso un abito ribelle che non gli appartiene.

Vedi com’è? Che ti torna subito la tentazione di parlare con la voce di chi tiene tutto in ordine, il tormentone dell’autorità che bisogna rispettare, perché falcone, perché borsellino, perché bla bla bla.

L’hai mai frequentata una piazza? Lo sai perché i ragazzi portano i caschi? Hai presente una testa spaccata da un colpo di manganello come fosse un cocomero? Lo sai che quando le manganellate partono prendono chiunque? Te incluso se fossi nei paraggi e senza scorta.

Troppo comodo parlare dalla tua posizione. Troppo comodo immaginare di non poter essere contraddetto perché ti hanno eletto santo.

E sai che c’è? Che quello che hai scritto tu, girato su repubblica dalla tua agenzia letteraria, con tanto di bollino siae, è solo il lamento griffato di un ragazzo che in un colpo solo tradisce la lotta della sua gente, quella delle famiglie che resistono all’immondizia, delle vecchie e nuove generazioni che lottano per non diventare manodopera della camorra.

Tu davvero non conosci la storia, figuriamoci l’anarchia. E ti presti al gioco di chi mette al bando un Pinelli al giorno per nascondere i crimini efferati compiuti da stragisti fascisti collusi con quello Stato del quale tu parli a senso unico.

Te lo dico da donna meridionale: se non hai assaggiato la precarietà, se le tue prospettive di futuro sono migliorate, lascia stare. La vita di quelli che invece di una scorta hanno al seguito i creditori è cosa ben diversa.

La tua lettera è proprio brutta perché da un santo come te mi sarei aspettata una epistola diretta ai parlamentari finiani e dell’idv che hanno votato la fiducia al governo. Avresti potuto usare mille parole. Avresti potuto dirigere meglio la tua indignazione. Avresti potuto perfino raccontare le tantissime persone in piazza senza stare su un piedistallo. Immaginando di essere uno di loro, uno come tanti, semplicemente uno che sceglie un altro modo per lottare, rispettabile ma non per questo preferibile per tutti. Avresti potuto dire che quanto era successo non ti è piaciuto senza usare supponenza, senza immaginare di essere superiore a quelli che conducono lotte in modo diverso dal tuo.

Non credo ci sia molto altro da dire: i ragazzi del movimento fanno movimento. Si confrontano. Hanno sicuramente punti di vista differenti. Se lo diranno. Ce lo diranno. Ma tu…tu sei semplicemente un’altra cosa.

femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/12/16/lettera-a-roberto-...




Bella lettera
Saviano è un pò il simbolo di una generazione che crede di essere post-ideologica ma che è assolutamente mono-ideologica e che soprattutto non sviluppa una critica dell'ideologia.

Tra l'altro la signora ha toccato un tasto ben preciso, l'ignoranza del politico. Ormai è criminale anche solo pensare aldilà dello stato e della democrazia parlamentare che lo sostiene. Non si confrontano più saperi, tradizioni e agire esiste solo "governo", garantire il "governo", assicurare il governo.

Al contrio bisognerebbe mandare la macchina in situazione di stallo come ben aveva già capito quel grandissimo pazzo di Walter Benjamin.
Tra l'altro invito a leggere il suo saggio "per la critica della violenza" e non le letterine a babbo natale di Saviano.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 14:44
La domanda che si pongono molti giornali all'indomani della rivolta di Roma, merita una risposta. Volete vedere i volti nascosti dalle sciarpe, dai caschi e dai passamontagna?



Sono gli stessi volti che pagano l'affitto delle vostre case fatiscenti, sono i volti a cui proponete contratti da 500 euro al mese con possibilità di assunzione dopo 1 mese di prova e passaggio al fulltime da 800. Sono i volti che vi propongono i progetti di tesi a cui fate aggiungere i vostri testi noiosi, sono i volti dei ragazzini di periferia a cui date gli schiaffi quando li beccate con un pò di fumo in tasca.



Sono le persone che vi cucinano il sottofiletto tenero nella osteria ricercata e chic e lo fanno a nero 50 euro a serata, sono quelli che vi fanno il cappuccino con la schiuma. Sono quelli che vi rispondono al telefono dicendo "892424 posso esserle utile?", sono quelli che comprano la verdura al Lidl perchè alla Crai costa troppo. Sono quelli che animano le vostre vacanze per 450 euro al mese, sono quelli che preparano i mercati in cui comprate la frutta fresca. Sono quelli ai quali la precarietà sta togliendo linfa vitale, sono quelli che fanno una vita di merda ma che si son stancati di accettarla, di subirla.



Siamo parte di una generazione che per un giorno ha smesso di accumulare la cirrosi epatica dovuta alla nevrosi di una vita educata alla precarietà, che ha tifato rivolta; siamo il futuro che dovreste ascoltare, siamo l'unica parte sana di un paese coperto di metastasi. Il 14 dicembre 2010 è successo un fatto epocale, l'intera piazza del Popolo è esplosa in un boato liberatorio quando un blindato della finanza ha preso fuoco: in quel boato è racchiusa la nostra esistenza, l'esistenza di chi non poteva credere che un governo come il nostro restasse in piedi sorretto da 4 (o per meglio dire 3) miserabili, di chi non poteva credere che per una volta ce l'avevamo fatta, in tanti, in migliaia, a gridare “Tutti assieme famo paura!”. Un boato di gioia e rabbia, esploso dalla parte giusta, quella sbagliata era rintanata dentro Montecitorio.



I black block hanno colpito ancora. Occhio, voci indiscrete raccontano che a volte li si incrocia a lezione, in biblioteca, alle macchinette del caffè, in birreria, al mare, addirittura in tram.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 15:14
Lettera a mio figlio (sulle barricate)
(Il mea culpa di un padre nell’era di B.)
di Nicolò Carnimeo

16 / 12 / 2010
Mio figlio oggi è sulle barricate. Protesta per strada come io (figlio del
’68) non ho avuto mai il coraggio di fare. Lo guardo per la prima volta con
occhi nuovi e mi rendo conto che mettendolo al mondo gli ho promesso una
vita che non potevo mantenere a queste condizioni, gli ho venduto una
illusione, mentre azzannavo gli ultimi scampoli di “polpa”.Volevo fargli
credere che questa vita fosse facile, in modo che non si accorgesse del
mondo reale, di istituzioni (di cui io faccio parte) sgonfie, di una chiesa
non più punto di riferimento per molti, di sindacati che non rappresentano
più nulla tranne che se stessi, di una politica monca parodia del potere e
di questa società che ho contribuito a creare. Credevo che dimostrargli il
mio amore fosse offrirgli “tutto e subito”, che muovendo qualche pedina
avrei potuto semplificargli il cammino (senza lasciargli la gioia di fare le
sue conquiste), volevo fargli credere, come ho creduto io, nel grande sogno
italiano, nei milioni di posti di lavoro, ho lasciato che svendesse i suoi
sentimenti più intimi in Tv, barattandoli con un attimo di notorietà. Così,
ora lo confesso, l’ho venduto, lasciandolo cadere in un baratro vuoto senza
che se ne potesse rendere conto. Io volevo solo non farlo “sbagliare” (così
mi giustificavo) volevo piegasse la testa così come ho fatto io per un
briciolo di effimera sicurezza, e non mi rendevo conto di non lasciargli
alcuna scelta. Ma adesso mio figlio è sulle barricate. Nonostante ciò che
gli ho fatto ha acquisito consapevolezza. Ed è vivo. E io mi sento vivo con
lui, forse per la prima volta. Come se si fosse svegliato da un brutto sogno
ha cambiato la scala delle priorità e dei valori e insegue le cose vere, non
può sbagliare perché sono tutte quelle che non si possono comprare né
barattare e che si possiedono solo nel momento in cui si donano. Vivi e
lotta figliolo mio! Conquistati il posto che meriti in questo mondo,
strappalo ai vecchi che se lo tengono stretto con i denti. E anche se sei
stanco, e forse, con gli occhi gonfi per i lacrimogeni rileggi le parole che
ti dedico, le parole che Kipling dedicò a suo figlio cento anni fa e
troverai nuova forza. Questa può essere la mia unica tardiva eredità.

Tratto dal ilFattoQuotidiano del 15.12

Cambio Di Arnolfo
00giovedì 16 dicembre 2010 15:31
certo che a un 40enne "studente" che dice a saviano che non ha le palle bisognerebbe regalaje 5 euro.
Cambio Di Arnolfo
00giovedì 16 dicembre 2010 15:33
Re:
@Chaos@, 16/12/2010 14.44:





I black block hanno colpito ancora. Occhio, voci indiscrete raccontano che a volte li si incrocia a lezione, in biblioteca, alle macchinette del caffè, in birreria, al mare, addirittura in tram.




speriamo de no, non me va de daje i documenti.
@mad4thrash@
00giovedì 16 dicembre 2010 15:42
Re:
Cambio Di Arnolfo, 16/12/2010 15.31:

certo che a un 40enne "studente" che dice a saviano che non ha le palle bisognerebbe regalaje 5 euro.




e sarebbero pure pochi.

oggettivamente, non gli si può dar tutti i torti, Saviano avrà pure peccato qua e la nei toni e nei pensieri, macristodio il tono è veramente fastidioso, io trincea tu poltrona, io lotta tu servo del potere. ripeto, le ragioni e le argomentazioni possono essere valide, però..

bello invece l'articolo di Carnimeo, e soprattutto il post di chaos (è tuo? è un articolo preso da qualche parte?) sull'identità dei manifestanti, qua in italia purtroppo spesso manca una visione d'insieme dei fatti quotidiani, sembra quasi che gli studenti fuori sede che vengono strozzinati con affitti di camere in nero stratosferici vivano in un altra galassia rispetto a quelli che protestano. quindi prima "poveri giovani", poi "giovani violenti". bah.
@Chaos@
00giovedì 16 dicembre 2010 15:47
Re: Re:
@mad4thrash@, 16/12/2010 15.42:




e soprattutto il post di chaos (è tuo? è un articolo preso da qualche parte?) sull'identità dei manifestanti, qua in italia purtroppo spesso manca una visione d'insieme dei fatti quotidiani, sembra quasi che gli studenti fuori sede che vengono strozzinati con affitti di camere in nero stratosferici vivano in un altra galassia rispetto a quelli che protestano. quindi prima "poveri giovani", poi "giovani violenti". bah.




No non mi ricordo dove l'ho rpeso mi sono scordato prima di mettere la fonte e ora non saprei dove ritrovarlo, in ogni caso rappresenta il mio pensiero.
La lettura di oggi e' che i manifestanti violenti siano alieni di questo stato, mentre invece a molti giornalisti da due soldi (e questa volta ci metto anche Saviano perche' la sua analisi e' povera e superficiale) non riescono a vedere piu' lontano del loro naso o forse non vogliono.
@mad4thrash@
00giovedì 16 dicembre 2010 15:54
Re: Re: Re:
@Chaos@, 16/12/2010 15.47:




No non mi ricordo dove l'ho rpeso mi sono scordato prima di mettere la fonte e ora non saprei dove ritrovarlo, in ogni caso rappresenta il mio pensiero.
La lettura di oggi e' che i manifestanti violenti siano alieni di questo stato, mentre invece a molti giornalisti da due soldi (e questa volta ci metto anche Saviano perche' la sua analisi e' povera e superficiale) non riescono a vedere piu' lontano del loro naso o forse non vogliono.




rappresenta pure il mio, se è per questo.

cmq non darei del giornalistucolo a saviano per un articolo venuto male, direi piuttosto che è stato troppo politicamente corretto, o semplicemente che non condivide per nulla la rivolta violenta. sarà un idealista, ma io di solito tendo a distinguere la buona dalla cattiva fede.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:21.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com