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Essere o Apparire?

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2010 02:54
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22/11/2010 12:57
 
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Si ma non è una cosa da "bianco o nero"...è un compromesso.

A meno di casi di stupidità massiccia è ovvio che uno non pensi solo e unicamente all'apparire.

Come d'altra parte dire senza mezzi termini "io faccio di testa mia, quello che pensano gli altri di me non mi interessa" è una cagata.

Se vivessimo come eremiti potrebbe anche starci, ma visto che l'uomo vive in società, consciamente o inconsciamente, spontaneamente o forzatamente, chi piu e chi meno, tutti si è in cerca di approvazione dall'esterno.
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Mi fanno male le dita
22/11/2010 13:01
 
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Re:
~ e u p h o r i a, 22/11/2010 12.53:

Come vestirsi, dove andare a scuola, perché sposarsi... persino se lavorare.

Perché lo facciamo? Tutti ci adattiamo, chi più chi meno (vorrei vedere non lo facessimo).

La domanda va oltre l'essere e l'apparire, io mi chiedo se davvero l'uomo è nato per vivere in "società" o se invece più probabilmente come individuo nasce per stare da solo.

Sta lì lo stupro, il raggrupparci fa sorgere il bisogno di dominio dovuto all'impossibilità di convivenza. Siamo una bugia.


Rinunciamo a parte della nostra libertà personale e decisionale, per godere dei benefici della vita in società.

E' un compromesso.

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Non ho un c.... da fare!!!
22/11/2010 13:28
 
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"Essere" ti rende libero di apparire
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22/11/2010 13:34
 
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L'essere oramai non frega più a nessuno, l'apparire ha mangiato l'essere per cui uno può avere degli atteggiamenti da montato e rraccontaballe e ha successo, mentre coloro che sono reali non se li frega di solito nessuno, questà è la verità, se pure Gesù Cristo nonostante fosse santo è stato giudicato male e messo in croce significa che purtroppo se si hanno dei pregiudizi non ci sta nulla da fare, e mi rendo conto giorno dopo giorno che per scemenze, cose piccolissime molte persone non vengono accettate ed'estromesse.
Anche lo stesso bisogno di socialità da parte dell'uomo è una scemenza, poichè sappiamo che l'uomo è fracito dentro di natura.
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Main eventer
22/11/2010 13:51
 
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E' chiaro che l'essere non è il solo apparire, ma è anche vero che apparire è una parte dell'essere, non sono concetti separati e impermeabili...
Se decidi di apparire in un tal modo, da quel momento in poi tu "sei" anche in quel modo, anche se in un contesto limitato o solo da una particolare "angolazione".

Per quanto concerne il giudizio degli altri, può essere usato come un feedback, per valutare se il modo in cui ci si vuole proporre è recepito in modo coerente dagli altri. Se la verifica è negativa, si può decidere se correggere il tiro o meno. Tutto questo premettendo che in alcuni ambiti è necessario (e/o opportuno, e/o desiderabile), dare un'immagine che abbia talune caratteristiche. Non è uno "svendere" la propria essenza, è un fenomeno in qualche misura inevitabile.
Chiaro che nel momento in cui chiudo la porta, faccio pulizia mentale e mi concentro sui "miei" obiettivi la questione diventa più accademica che altro.
Ed è altrettanto chiaro che chi forza troppo spesso questo meccanismo può rimanerne schiavo.

Ma le maschere che per necessità o per diletto tutti ci mettiamo, prima o poi entrano a far parte del nostro essere. Alla fine, chi è che le ha confezionate...?
Del resto le parole "persona" e "maschera" hanno incredibilmente la stessa derivazione, gli etruschi la sapevano lunga... l'essere e l'apparire si avviluppano talmente tanto che il volto e la maschera spesso non sono più distinguibili.

Ma non necessariamente questo è un male, significa poter rinnovare se stessi senza ceppi ingombranti, poter cambiare sia i percorsi della vita che il modo in cui affrontarli.

"Puoi essere ogni cosa tu voglia essere, basta trasformarti in qualsiasi cosa tu pensi di poter essere".

E mi piace appaiare a questa frase (tratta da Innuendo) anche una citazione di cui, ahimé, non ricordo l'autore: "In ogni paese libero, un uomo è quello che dice di essere".
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22/11/2010 13:57
 
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C'entrantubo, ma ad esempio a 15-20 anni ridevo quando sentivo trentenni che dicevano che:
-avevano voglia di mettere su famiglia;
-in una ragazza guardavano più al carattere che al culo;
-preferivano stare a casa a leggere u nlibro piuttosto che uscire con gli amici al pub.

Ora ho trentanni e se tre anni fa mi venivano le macchie se un aragazza diceva la parola "matrimonio" ora con la persona giusta lo farei, nelle ragazze continuo a guardare soprattutto il culo ma strapreferisco che sia intelligente all'aspetto da modella, e il sabato sera non ho praticamente più voglia di uscire in compenso ho imparato a fare cose per me impensabili tipo cucinare o "lavoretti in casa".

Più uno invecchia più guarda all'essere. Per esperienza personale lo fanno soprattutto le ragazze, ma anche i ragazzi.

Gualtiero, non so se sono andato OT, ma mi sembrava un contributo a suo modo IT.
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Main eventer
22/11/2010 14:11
 
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D'accordo con tutti quelli che dicono che sarebbe meglio essere, ma io sono dell'idea che tutti, chi piu' chi meno, "appaiono" piu' spesso di quello che pensano (e probabilmente di quanto vorrebbero)
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Mid Carder
22/11/2010 14:12
 
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sempre e comunque essere,in ogni campo

se ti comporti in modo diverso da quello che ti è naturale,presto o tardi verrà fuori e sarà una cosa terribilmente negativa.
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22/11/2010 14:14
 
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Re:
Arch Stanton, 22/11/2010 13.51:

E' chiaro che l'essere non è il solo apparire, ma è anche vero che apparire è una parte dell'essere, non sono concetti separati e impermeabili...
Se decidi di apparire in un tal modo, da quel momento in poi tu "sei" anche in quel modo, anche se in un contesto limitato o solo da una particolare "angolazione".

Per quanto concerne il giudizio degli altri, può essere usato come un feedback, per valutare se il modo in cui ci si vuole proporre è recepito in modo coerente dagli altri. Se la verifica è negativa, si può decidere se correggere il tiro o meno. Tutto questo premettendo che in alcuni ambiti è necessario (e/o opportuno, e/o desiderabile), dare un'immagine che abbia talune caratteristiche. Non è uno "svendere" la propria essenza, è un fenomeno in qualche misura inevitabile.
Chiaro che nel momento in cui chiudo la porta, faccio pulizia mentale e mi concentro sui "miei" obiettivi la questione diventa più accademica che altro.
Ed è altrettanto chiaro che chi forza troppo spesso questo meccanismo può rimanerne schiavo.

Ma le maschere che per necessità o per diletto tutti ci mettiamo, prima o poi entrano a far parte del nostro essere. Alla fine, chi è che le ha confezionate...?
Del resto le parole "persona" e "maschera" hanno incredibilmente la stessa derivazione, gli etruschi la sapevano lunga... l'essere e l'apparire si avviluppano talmente tanto che il volto e la maschera spesso non sono più distinguibili.

Ma non necessariamente questo è un male, significa poter rinnovare se stessi senza ceppi ingombranti, poter cambiare sia i percorsi della vita che il modo in cui affrontarli.

"Puoi essere ogni cosa tu voglia essere, basta trasformarti in qualsiasi cosa tu pensi di poter essere".

E mi piace appaiare a questa frase (tratta da Innuendo) anche una citazione di cui, ahimé, non ricordo l'autore: "In ogni paese libero, un uomo è quello che dice di essere".




Hai scritto piu' o meno quello che avrei voluto scrivere io se avessi piu' tempo, piu' voglia e piu' abilita' nello scrivere! [SM=x54491]
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22/11/2010 14:21
 
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Sorrido leggendo di persone capaci di vivere senza approvazione sociale.
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22/11/2010 15:13
 
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Assolutamente vero quello che dice Atom.
Una persona è la somma di tutte le esperienze e delle persone che gli stanno attorno o che hanno in qualche modo preso contatto con noi.

I modi di dire, di vestire, di fare, le decisioni, il comportamento. La natura profondamente sociale dell'uomo lo porta a prendere sempre qualche cosa dagli altri, da imitarlo o prenderne semplicemente ispirazione.

Non capisco assolutamente cosa significhi essere se stessi. Anche il solo voler apparire o essere qualcuno è comunque parte della nostra persona, di quello che è diventata. Non esiste una nostra versione "vera" e una da "teatrino". in entrambi i casi siamo sempre e comunque noi con le nostre decisioni e pensieri.

Quindi non riesco a distinguere l'essere dall'apparire, in quanto li vedo entrambi forma della stessa cosa, del nostro carattere.
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22/11/2010 17:52
 
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secondo me sono due categorie diverse...

sull'essere, come carattere ontologico della persona, abbiamo un controllo limitato, influiscono troppe sovrastrutture sociali e ambientali. non scegliamo fino in fondo chi siamo.

sull'apparire abbiamo piuttosto la scelta di apparire o meno come veramente siamo, di crearci o meno una "maschera" sociale.

ecco penso che la cosa importante sia avere uno scarto ridotto tra ciò che siamo e come decidiamo di mostrarci agli altri.
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22/11/2010 18:21
 
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Re:
Agarsen, 22/11/2010 14.21:

Sorrido leggendo di persone capaci di vivere senza approvazione sociale.




Perché?
Se hai un'autostima e un ego enorme, non ti interessa avere l'approvazioen sociale.
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Non ho un c.... da fare!!!
22/11/2010 18:46
 
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Re: Re:
FoxSickBoy, 22/11/2010 18.21:




Perché?
Se hai un'autostima e un ego enorme, non ti interessa avere l'approvazioen sociale.



Enorme?
Bah io direi sufficiente a limite i veri problemi sono di quelli che ricercano a tutti i costi l'approvazione della società.



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22/11/2010 19:14
 
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Re:
AtomBomb, 22/11/2010 12.34:

L'unico giudizio del quale mi interessa è il mio.

Se sono in pace con me stesso me ne frego del giudizio degli altri.

E' chiaro che il nostro modo di essere è pesantemente condizionato dall'ambiente in cui siamo cresciuti, può essere un modo in cui siamo stati educati, o una reazione allo stesso.

Chi è ribelle, è ribelle a metà; si rifiuta la parte principale del "sistema", ma si abbraccia una parte "minoritaria" del "sistema", una parte del "sistema" stesso che è vista come non conforme.

Personalmente, ho un'opinione bassissima di chi vive la propria vita (pensieri, comportamenti, modi di fare, ecc) per cercare l'approvazione altrui, anche se significa assumere dei comportamenti che non piacciono; esempio frivolo: un mio amico si era comprato dei pantaloni, gli chiedo se veramente gli piacevano (è sempre stato molto semplice, mi sembrava strano che prendesse vestiti così appariscenti), mi rispose "Sono questi che piacciono", e allora gli chiesi "Ma a te piacciono?" e mi disse "Eh, ma sono questi che vanno di moda adesso"; non mi ha detto che gli piacevano, ma ha lasciato intendere che li comprava perché qualcun'altro gli aveva detto che "bisognava" fare così.



Quoto tutto comunque (lo avevo già fatto prima ma il post si è fanculizzato) anche se in alcune situazioni come quella lavorativa siamo obbligati a mantenere un dato comportamento ed abbigliamento anche io me ne frego di quello che pensano gli altri o meglio me ne frego di quello che pensa generalmente la società e tengo invece alla stima che hanno di me le persona a cui tengo.
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