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E' morto BEARZOT

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2010 22:57
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21/12/2010 14:11
 
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Re: Re:
alex__94 the best, 21/12/2010 12.34:




quoto, ma quanti anni aveva??




aveva 83 anni, ma era malato da tempo
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Mi fanno male le dita
21/12/2010 14:15
 
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Un pezzo di storia che se ne va...riposa in pace
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Non ho un c.... da fare!!!
21/12/2010 14:16
 
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Vi posto questo commento di Stefano Benzi

Come le piacerebbe essere ricordato? "Come una persona perbene".

Comincio da qui, da questa risposta che Enzo Bearzot affidò a un'intervista di Gianni Mura nel 2007 quando festeggiava i suoi ottant'anni. Il calcio lo aveva abbandonato già da più di venti anni, quando tutto sommato avrebbe potuto incassare tutto quello che non aveva preso prima.

Bearzot era sicuramente una persona perbene, un buon giocatore e un ottimo tecnico che da CT conquistò il mitico Mondiale del 1982, quello di Paolo Rossi, il terzo della nostra storia. Le immagini di Bearzot, che gioca a scopone con Sandro Pertini (con lui nella foto), fuma la pipa anche in panchina e discute animatamente con i giornalisti, sono la prima cosa che riporta alla mente un uomo, oltre che perbene, tutto d'un pezzo.

Bearzot non amava i compromessi e preferiva restare nel torto che scendere a patti affidando quasi tutto il suo punto di vista alla propria coerenza. Quella stessa coerenza che lo portò a giocare 422 partite da professionista all'epoca in cui le sostituzioni ancora non c'erano, la pubalgia era un problemino e non ci allenava a suon di piscina e massaggi. In compenso la carriera finiva per un banale menisco e non per legamenti o tendine rotuleo.

Friulano, pragmatico e molto frugale, Bearzot della sua terra d'origine ha mantenuto una notevole solidità anche quando nel 1982 si trovò a condurre una squadra non facile che era reduce dai tormenti del calcioscommesse e delle squalifiche. Scommise su un gruppo, quello nel quale Rossi, Zoff, Antognoni e Gentile, erano riusciti a creare con Tardelli, Cabrini e un giovanissimo Bergomi.

"Dentro noi e fuori tutti gli altri", questo era il credo di Bearzot che in una sindrome da accerchiamento più presunta che reale, scelse il lavoro e il silenzio: contro la stampa italiana che non digeriva i suoi modi burberi, inventò il silenzio stampa e impose ai suoi giocatori un clima cameratista più che militaresco. All'interno del quale però non si sgarrava.

Il 'vecio', e non perché sia vissuto fino a 83 anni ma perché lo chiamavano così già allora che era cinquantenne, era un po' tecnico, un po' sergente e un po' buon padre di famiglia. Visse la sua esplosione di popolarità con la semplicità di sempre, e non scese a patti con la stampa neppure dopo la vittoria dei Mondiali evitando panchine illustri e continuando a lavorare con la Nazionale e per la Nazionale restando in carica fino ai Mondiali del 1986 che si concludono con un'eliminazione ai quarti per mano della Francia. Il tutto senza mai cercare un altro ingaggio, e rifiutandone alcuni. In tutto 104 panchine azzurre, più di chiunque altro, anche del leggendario Pozzo.

Come detto, perbene e tutto d'un pezzo. Alcune sue dichiarazioni, lette oggi, fanno più piacere di qualsiasi 'coccodrillo'.

Il calcio di oggi non gli piaceva più: "Calciopoli ha prodotti danni profondi, quasi quasi non si crede più al verdetto del campo, è come se qualcosa mi si fosse spento dentro. Riesco ancora a indignarmi, questo sì. Per i fischi di San Siro alla Marsigliese, così come nel '90 a Roma mi ero indignato per i fischi all'inno argentino, con Maradona in campo che piangeva. E a fischiare c'erano anche i politici, in tribuna d'onore, gente che aveva studiato. Che vergogna. L'inno è sacro, cosa costa stare zitti per quei due-tre minuti? Poi ce ne sono novanta per fischiare i giocatori".

Un'icona suo malgrado: diventò protagonista di film, videogames (i primi giochi elettronici sul calcio lo volevano in panchina anche quando l'Italia aveva cambiato almeno quattro CT), libri e tesi di laurea. Persino canzoni: Rino Gaetano lo cita in "Nuntereggae più" e il ritornello della canzone celebrativa di quei mondiali, sulla musica di "Da da da" dei tedeschi Trio, recitava testualmente "Siam tutti figli di Bearzot".

L'Italia la cantò per tutta l'estate 1982 come un mantra. Lui la definì una monata.

Perché Bearzot aveva il potere di dire con semplicità cose sacrosante: "Posso dire una cosa che non sopporto? - disse tre anni fa sempre nell'intervista celebrativa degli ottant'anni - Life is now. Ma quale now? La vita è oggi se stiamo meglio di ieri e abbiamo un progetto per il domani".

Sacrosanto, appunto.
21/12/2010 14:26
 
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Un mito d'altri tempi

quando il calcio era ancora uno sport

Rip
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21/12/2010 14:40
 
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Parte importantissima del calcio Italiano che se ne va.
Dispiace.
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21/12/2010 14:41
 
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Grande perdita... Rip
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Mi fanno male le dita
21/12/2010 14:47
 
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Un grandissimo pezzo del calcio Italiano che se ne va.
Riposi in pace.
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21/12/2010 14:47
 
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friulani, gente seria, grandi lavoratori, persone perbene.
ciao mister.
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21/12/2010 14:54
 
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RIP maestro
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Rip
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RIP
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RIP
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nn si può fare a cambio con Lippi?

RIP
[Modificato da My Guitar Gently Weeps 21/12/2010 15:23]
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Non ho un c.... da fare!!!
21/12/2010 15:30
 
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Lo so che la definizione "Uomo di altri tempi" è abusatissima, ma in questo momento trovo sia la migliore possibile da attribuirgli.

Riposa in pace, grande Vecio. E grazie di tutto.
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