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Salari: frenata in tutto il mondo

Ultimo Aggiornamento: 16/12/2010 00:57
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Mi fanno male le dita
16/12/2010 00:57
 
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Crollo in Europa dell'Est e Asia

I nuovi dati forniti dall'Organizzazione internazionale del Lavoro. Nel 2009, su 1,4 miliardi di salariati c'è stato un incremento di retribuzioni di appena lo 0,7%. Urgenti politiche di sostegno al reddito

ROMA - La recessione ha più che dimezzato la crescita dei salari a livello globale e in alcune aree c'è stato un vero e proprio crollo del potere d'acquisto. Dopo i dati sulla perdurante crisi occupazionale e sulla fragilità della ripresa, l'Organizzazione internazionale del lavoro, ILO, diffonde un nuovo rapporto sull'andamento dei salari negli ultimi tre anni, sottolineando l'urgenza di politiche di sostegno al reddito per favorire la crescita e garantire la stabilità sociale.

"La stagnazione dei salari è stata un'importante causa scatenante della crisi e continua a rallentare la ripresa in molte economie", ha dichiarato il direttore generale dell'ILO, Juan Somavia. "Ci troviamo di fronte ad un mondo in cui la domanda aggregata è insufficiente, i bisogni rimangono insoddisfatti e la disoccupazione ha raggiunto livelli elevatissimi. I responsabili delle politiche macroeconomiche devono riportare la loro attenzione all'occupazione e ai salari per rafforzare una ripresa timida e affrontare gli squilibri socio-economici di lungo periodo".

Lo studio prende in esame 115 paesi, il 94 per cento dei circa 1,4 miliardi di salariati nel mondo e indica che l'aumento dei salari mensili medi è sceso dal 2,8 per cento del 2007 al 1,5 per cento del 2008 e allo 0,7 per cento del 2009. Ad eccezione della Cina, la crescita globale del salario medio è arrivata allo 0,7 per cento nel 2009.

Il dato più eloquente, però, è quello relativo alle differenze regionali. In Asia e in America Latina la crescita dei salari è rallentata ma rimane comunque positiva. In altre aree, invece, come l'Europa orientale e l'Asia Centrale, è stato registrato un drammatico crollo. Nel lungo termine, dal 1999 al 2009, la crescita complessiva dei salari nelle economie avanzate è stata del 5,2 per cento, contro una media globale del 22,6 e oltre il raddoppio nei paesi asiatici.

"L'impatto della crisi dovrebbe essere esaminato in un contesto di declino di lungo periodo riguardo alla percentuale dei salari sul reddito complessivo - sostengono i ricercatori - , di una crescente discrepanza tra aumento della produttività e andamento dei salari, e di una estesa disuguaglianza in termini salariali".

Sotto esame c'è anche il rapporto tra calo dei salari nelle economie avanzate e declino della contrattazione collettiva, uno dei fattori che più contribuirebbero alla tenuta dei minimi e alla redistribuzione equa. "È un fatto indiscutibile che la densità sindacale è diminuita nelle economie avanzate e il rapporto dell'ILO dimostra quanto questo fenomeno sia negativo in termini di crescita sostenibile", spiega Erin Weir, economista del sindacato internazionale. "Per legare i salari alla crescita della produttività i sindacati oggi giocano un ruolo essenziale, perché una maggiore possibilità di contrattazione aiuterebbe a ridurre l'incidenza dei bassi salari".

Dalla metà degli anni '90, infatti, c'è stata un'estensione dei bassi salari, quelli inferiori ai due terzi del salario medio, in due paesi su tre. In particolare, questi lavoratori sono esposti al rischio di povertà soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove gli strumenti della contrattazione collettiva e dei salari minimi - è noto - sono deboli e poco efficaci. Lo studio dell'agenzia Onu insiste perciò sulla necessità di migliorare l'articolazione tra salari minimi, strumenti di integrazione al reddito e politiche del lavoro che consentano di fare uscire dalla condizione di povertà questa vasta fascia di popolazione.

Un approccio responsabile che non consentirebbe solo una maggiore crescita e una migliore ripresa economica, perché di stimolo alla domanda interna, ma ridurrebbe l'esclusione e la marginalità, faciliando la stabilità e la coesione sociale.

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A volte mi sento come se la legge della domanda e dell'offerta l'ho studiata solo io, e rimanga ignota a manager, politici e imprenditori.
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