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La sfortuna.

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2010 19:01
12/12/2010 01:22
 
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AtomBomb, 12/12/2010 1:02 AM:

La posizione dei pianeti, o meglio della Luna, influenzano qualcosa, ma sapevo delle maree o la coltivazione (ma qui non so se sia realtà o superstizione), io qualche volta leggo gli oroscopi alla fine della giornata, ogni tanto ci prendono, ma sono sempre cose talmente vaghe che si possono applicare a milioni di persone, contando anche quante centinaia di milioni di persone avranno il mio stesso segno, o quante migliaia di persone sono nate il mio stesso giorno, e magari anche alla stessa ora.



No, specia, adesso perché la Luna causa le maree tramite forza di gravità, e siccome in antichità per le coltivazioni l'unico riferimento era il mese lunare, adesso diamo anche una vaga plausibilità all'astrologia ? Ma mi state prendendo per il culo ?

it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Forer

Se i greci avessero inventato il calcolo della probabilità, non avremmo neanche una parola per dire "sfortuna".

E strano che gli antichi greci non abbiano mai inventato la teoria della probabilità, se ci pensate: un popolo in grado di dimostrare teoremi come la proposizione 29, libro primo degli elementi di euclide (una linea retta caderà sopra a due linee equidistante, li duoi angoli coalterni seranno equali, e l'angolo estrinseco serà equale allo angolo intrinseco a se opposito, e similmente li duoi angoli intrinseci constituidi dall'una e l'altra parte seranno equali a duoi angoli retti ) non inventò mai una teoria che dimostrasse che è poco saggio scommettere la propria ferrari sul lancio di due dadi.

A dire il vero, i greci, oltre a non avere ferrari, non avevano neanche i dadi; Ma ciò non gli impediva di giocare d’azzardo. Usavano gli astragali, piccole ossa che prendevano dai talloni delle carcasse di alcuni animali. Un astragalo ha sei lati, ma solo 4 sono abbastanza stabili per permettere all’osso di fermarsi. Un gioco comune, ci dicono gli storici, era lanciare quattro astragali e scommettere sul risultato. E il risultato più fortunato e vincente era il “tiro di venere”, in cui ciascun astragalo mostrava una faccia diversa. Peccato che non fosse veramente il risultato meno probabile, ma gli antichi greci, non avendo inventato la teoria della probabilità, non lo seppero mai.

Perché non la inventarono mai? Beh, ci sono diverse ragioni. In primis, gli astragali venivano usati anche per interrogare gli oracoli, e gli oracoli erano la voce degli dei. Qualunque fosse l’esito di un tiro, non era il risultato di un processo casuale, ma la volontà degli dei. Gli antichi greci, per lo più, non accettavano neppure l’esistenza del caso. Aristotele diceva che “ Chi parla con probabilità, non parla della verità “ e nel Teeteto di Platone Socrate dice che “un matematico che ragiona in termini di probabilità non vale niente ”. Non a caso, la parola che viene tradotta con probabilità, ovvero eikos, indicava ciò che era plausibile, ma non necessariamente vero, come ad esempio gli avvenimenti di un opera teatrale.

( Un altro motivo per cui gli antichi greci non inventarono mai la teoria della probabilità era che, per quanto per capire le basi della probabilità basti conoscere l’aritmetica, i greci non avevano un sistema per manipolare efficacemente i numeri usando un sistema alfabetico, basato sui 24 caratteri dell’alfabeto greco, in cui ogni lettera indicava un numero dall’1 al 10, una decina dal 10 al 90 o una delle prime nove centinaia, senza dare alcuna importanza all’ordine in cui venivano scritti (Se pensate di aver problemi con la matematica ora, pensate cosa poteva essere calcolare ΛΨθ – ΩΠΓ !). In più, come ben sappiamo, i greci non avevano lo 0, che verrà importato dall’india solo secoli dopo. )

Nell’antica grecia nacquero alcuni dei più grandi matematici di tutti i tempi: Archimede, Euclide, Pitagora, Talete; Lo stesso non si può dire dei Romani, eppure furono loro a gettare le basi per una comprensione della probabilità. E, a dirla tutta, il più grande campione della probabilità, in opposizione ad un concetto di destino, di sorte, di fortuna e di sfortuna alla quale nessuno poteva sfuggire non fu un matematico, ma un avvocato,retore e filosofo: Cicerone.

Cicerone scrisse, e queste parole valgono forse più di tanta altre opere che ha scritto " “Se tutto avviene per destino, non ci si può ammonire a essere cauti, perché in qualunque modo noi ci comportiamo, avverrà comunque quello che deve avvenire; se invece il destino può essere piegato, non c’è destino, e dunque non c’è neanche divinazione giacché essa si occupa del futuro. Ma nel futuro non c’è niente di certo, se esiste qualche procedura per impedire che accada ”.

E, ownando pesantemente l'astrologia e le altre forme di divinazione, come solo cicerone sa fare, old school, scrisse:

« Assai spiritoso è il vecchio motto di Catone che affermava di meravigliarsi che un aruspice non si mettesse a ridere ogni volta che vedeva un altro aruspice. Quante sono le cose predette da essi che sono poi accadute? E se qualcuna si è verificata, quali prove ci sono contro l’eventualità che essa sia accaduta per caso? Il re Prusia allorché Annibale, esule presso di lui, lo esortava a far guerra a oltranza, diceva di non volersi arrischiare, perché l’esame delle viscere lo dissuadeva. “Dici sul serio?” esclamò Annibale; preferisci dar retta a un pezzetto di carne di vitella che a un vecchio condottiero?”. Anche Cesare, dissuaso dal grande aruspice dall’imbarcarsi per l’Africa prima del solstizio d’inverno, non si imbarcò egualmente? Se non l’avesse fatto le truppe dei suoi nemici avrebbero avuto il tempo di concentrarsi in un solo luogo. Dovrei mettermi a fare l’elenco (che sarebbe davvero infinito) dei responsi degli aruspici senza alcun effetto o addirittura opposto alle previsioni? »

E duemila anni dopo siamo ancora qui a prendere sul serio l'astrologia.

Ah, gli esseri umani.
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